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MERCOLEDI 11 NOVEMBRE - CASTELFRANCO VENETO - COME DIFENDERSI DAL DISASTRO VENETO BANCA E BANCA POPOLARE DI VICENZA

CASTELFRANCO VENETO - MERCOLEDI 11 NOVEMBRE - ORE 18,30 
DIFENDERE I RISPARMI INVESTITI IN POPOLARE DI VICENZA E VENETO BANCA

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ORE 18.45 - 11 novembre

COME PROTEGGERSI OPERATIVAMENTE E LEGALMENTE DAL DISASTRO IN ARRIVO CON LA QUOTAZIONE IN BORSA DI VENETO BANCA E BANCA POPOLARE DI VICENZA
Dall'Espresso: "Quanti brindisi sui guai di Zonin"
Migliaia di piccoli azionisti non hanno potuto liquidare il loro investimento nella Popolare di Vicenza. Ma prima della crisi la banca ha ricomprato i titoli di alcuni soci eccellenti. Ecco i nomi
ArticleImageNella storiaccia della Popolare di Vicenza, tra buchi in bilancio, manager sotto inchiesta e prestiti  di favore agli amici degli amici, c'è chi brinda al lieto fine. Una pattuglia di soci, nomi importanti, investitori milionari, sono riusciti a disfarsi del loro pacchetto di azioni poco prima che la banca presieduta da Gianni Zonin si avvitasse in una spirale di perdite e polemiche. 
E prima che, nell'aprile scorso, il consiglio di amministrazione della Popolare decidesse di svalutare il titolo del 23 per cento, da 62,5 a 48 euro.
In base a quanto "l'Espresso" ha potuto ricostruire, l'elenco di questi soci venditori comprende imprenditori come Giuseppe Stefanel, patron dell'omonima azienda di abbigliamento, e il suo collega Renzo Rosso, inventore del marchio di moda Diesel. È riuscita a defilarsi anche la banca romana Ibl, che tra poche settimane esordirà sul listino di Borsa, così come la holding Nevada che fa capo alla famiglia vicentina Spezzapria, proprietaria del gruppo siderurgico Forgital. Tutti sono passati alla cassa nel corso del 2014 o addirittura nelle prime settimane di quest'anno. A dare via libera alle vendite è stata la stessa Popolare di Vicenza. La banca infatti non è quotata in Borsa e da sempre gestisce un mercato informale dei propri titoli, diffusi tra oltre 100 mila soci. Nel 2014, però, gli scambi si sono di fatto bloccati e migliaia di risparmiatori sono rimasti intrappolati. Impossibile vendere, per loro. Troppe le offerte da assorbire, in rapporto a una domanda che andava via via diminuendo.
La pattuglia dei soci milionari è quindi riuscita a imbarcarsi per tempo sulle scialuppe di salvataggio, liquidando il proprio investimento. Tutti gli altri, invece, non hanno potuto fare altro che tenersi i loro titoli in attesa di tempi migliori. Un'attesa che si preannuncia lunga, lunghissima. Nel 2016 la banca veneta, una volta trasformata in società per azioni, sbarcherà sul listino ufficiale e in base ai calcoli degli analisti, la quotazione potrebbe crollare fin sotto 20 euro. Un valore lontanissimo rispetto ai prezzi decisi a tavolino nel recente passato dal consiglio di amministrazione dell'istituto: si va dai 50 euro del 2005, per passare ai 58 del 2007, ai 60,5 del 2009, ai 62,5 euro fissati nel 2011 e confermati fino al 2014, alla vigilia del crollo. 
Solo negli ultimi cinque anni, la banca vicentina ha reclutato almeno 50 mila nuovi soci, anche grazie a due aumenti di capitale tra il 2013 e il 2014 con azioni offerte al prezzo di 62,5 euro. Non c'è altra via d'uscita, allora. L'anno prossimo, dopo l'esordio in Borsa, i soci venditori dovranno rassegnarsi a chiudere in perdita la loro avventura.
Ben diverso invece è il bilancio finale per chi è riuscito a sganciarsi per tempo. Dai documenti consultati da "l'Espresso" emerge che  in totale gli azionisti in uscita si sono liberati di azioni per circa 70 milioni. Tra i soci che hanno ceduto in tutto o in parte le loro quote troviamo imprenditori come i fratelli Gianbattista e Giancarlo Dallicani, la famiglia Morato, Lino Diquigiovanni, tutti ben conosciuti a Vicenza e dintorni. La Diesel di Renzo Rosso ha venduto nel 2014 per 3,2 milioni un pacchetto di azioni Popolare Vicenza comprate anni prima per poco più di 2,8 milioni. Documenti alla mano, quindi, l'imprenditore-stilista è riuscito perfino a guadagnarci: oltre 300 mila euro di profitti. Può festeggiare anche Giuseppe Stefanel: la sua holding Finpiave ha fatto retromarcia nel dicembre 2014 incassando oltre un milione di euro. Le azioni a suo tempo comprate a un prezzo medio di 53,4 euro sono state cedute a 62,5 euro ciascuna. Per la banca Ibl, controllata dalla famiglia romana D'Amelio insieme al manager Mario Giordano, si può invece parlare di una toccata e fuga. Un pacchetto di azioni del valore di 10 milioni di euro è stato comprato nel 2013 e poi rivenduto l'anno successivo. Missione compiuta, quindi. E a quanto pare la compravendita si è chiusa alla pari. Ibl si è sganciata senza perdite nella tarda primavera del 2014, mentre migliaia di risparmiatori attendevano pazientemente (e quasi sempre invano) di poter rivendere i loro titoli.
Nella lista dei venditori compare anche la famiglia veneziana Mevorach, costruttori e immobiliaristi. Nel bilancio 2013 della loro Fem srl si legge che la partecipazione in Popolare Vicenza deve essere considerata «un asset strategico sia sotto il profilo della solidità che della remunerazione». Belle parole, che lasciano il tempo che trovano, se è vero che giusto un anno dopo la Fem viene assorbita dalla controllante Itafem e la quota nella banca di Zonin diventa «non più strategica». Questo almeno è quanto si legge nella relazione allegata ai conti d'esercizio. A dicembre 2014 le azioni della Popolare vengono quindi cedute per 7,2 milioni. Chi ha comprato? La risposta, anche in questo caso, arriva dal bilancio societario. La partecipazione è stata ceduta «all'emittente stessa», recita il documento. Dunque l'istituto veneto si è ripreso le proprie azioni, probabilmente attingendo a un apposito fondo accantonato a riserva.
Fine della storia? Non proprio, perché la Stabile srl, una società presieduta da Anna Laura Geschmay, madre di Andrea Mevorach, proprio nel 2010 investe 10 milioni in azioni Popolare Vicenza. Quindi la famiglia Mevorach con una mano acquista e con l'altra vende pacchetti milionari di titoli dello stesso istituto. C'è però un altro particolare che va segnalato. La Stabile srl, ora in liquidazione, fino a dicembre del 2014 risulta controllata da Finint, importante gruppo di servizi finanziari, sede a Castelfranco Veneto, fondato e diretto da Andrea De Vido ed Enrico Marchi. Quest'ultimo è un finanziere più volte salito alla ribalta delle cronache, da ultimo anche come presidente della Save, la società che gestisce l'aeroporto di Venezia. I documenti al momento disponibili sono aggiornati alla fine del 2014 e quindi non è possibile stabilire se quei 10 milioni di titoli della Popolare Vicenza sono ancora in portafoglio alla Stabile srl. Le carte però rivelano che le azioni sono state comprate l'anno scorso grazie a una linea di fido concessa da un «istituto di credito». Il sospetto è che la banca creditrice possa essere proprio quella guidata da Zonin.
Il nuovo corso della Popolare, da maggio guidata dall'amministratore delegato Francesco Iorio, ha alzato il velo su prestiti  ai soci per l'acquisto di azioni proprie pari a circa 974 milioni. Una somma enorme che è stata dedotta, come prescrive la legge, dai mezzi propri dell'istituto. Deriva da qui gran parte della maxi perdita, 1,05 miliardi, dell'ultima semestrale, chiusa a giugno e pubblicata a fine agosto.
Nei mesi scorsi i controlli hanno fatto emergere pratiche quanto meno discutibili come prestiti erogati a condizione che il cliente investisse anche in titoli della banca. Sul tema indaga anche la magistratura, ma il rischio supplementare, per la Popolare, è quello di essere investita da un'ondata di cause legali dei soci minori, che protestano per le modalità con cui negli anni scorsi è stato fissato il prezzo. Oppure cercano di far valere lettere di garanzia in cui l'istituto di credito si impegnava a ricomprare i propri titoli entro una determinata scadenza. Lettere che in gran parte sono rimaste lettera morta. Il club dei soci milionari, invece, ha trovato per tempo la via dell'uscita. Con tanti saluti allo scandalo, alle polemiche e alle perdite di bilancio. 
di Vittorio Malagutti da l'Espresso


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