STABLE COIN LA VIA PER ESSERE LIBERI DAL FALLIMENTO DEL SISTEMA EURO


BERLINO O LA MACELLERIA EQUINA DEL SIG. ROSSI ...SEMI FALLITA?

OTTIMO ARTICOLO SULLA CAPITALE EUROPEA.
IL GRANDE BLUFF BERLINO E' 10 VOLTE MEGLIO DI LONDRA!

E ANCORA BERLINO.. LA NUOVA PELLE DI BERLINO

Berlino sta cambiando. Berlino è un fiore. Berlino rinasce finalmente dalle spoglie della 2a Guerra Mondiale e prende in mano con forza il testimone dell’avanguardia culturale europea degli anni ’20.
Una città distrutta, poi due città ricostruite ai due lati di un muro violento, una città occupata, salvata a occidente quando il Presidente degli Stati Uniti nel 1963 in piena crisi politica, in visita a Berlino pronunciò la celebre frase, rimasta nella storia “ich bin ein Berliner” (io sono un berlinese). Gli americani sostennero economicamente la città di Berlino Ovest mentre i sovietici alzavano il muro e chiudevano la parte occidentale da ogni contatto con la madrepatria oltrecortina.

Se la “guerra fredda” è iniziata con la spartizione in zone di influenza della città di Berlino, la guerra fredda è terminata proprio a Berlino nel 1989 con il crollo del muro.

La cosa interessante è che Berlino torna ad essere un fiore all’occhiello della cultura mitteleuropea e tedesca e con i suoi ca. 4 milioni di abitanti si appresta a diventare la città più vivace e dinamica d’Europa. Berlino è in pieno boom edilizio, vi sono investimenti in infrastrutture e tecnologie che non hanno ormai eguali in Europa. Le due principali università berlinesi (la Freie e la Humboldt) sono centri di ricerca di eccellenza per giovani ricercatori con idee e grande potenziale intellettivo. Gli investimenti del Land Berlin e dello Stato Federale sono ingenti e danno frutti importanti. Aziende e mondo universitario coesistono, collaborano e condividono risorse per progettare il futuro e così, da tutto il mondo cominciano ad arrivare giovani studenti pieni di sogni e di speranza.

Ma Berlino non è solo Germania, anzi, chi è berlinese si ricorda bene di J.F.K. e con orgoglio pronuncia la frase storica “ich bin ein berliner”: i berlinesi sono prima di tutto berlinesi. Sulle sponde della Spree si respira aria di rinascita culturale. L’avanguardia artistica ha trovato casa proprio qui, tra i quartieri della Berlino ex capitale della DDR, tra St. Oberholz sulla vecchia Tosrstraße, tornata ad essere il quartiere degli artisti. Gli anni ’20, quelli della Berlino decadente ma scintillante, dei locali notturni, del cinema espressionista, del teatro d’avanguardia di Berthold Brecht, tornano a scintillare e a parlare una nuova lingua. Ormai non si contano più i musei, i teatri musicali, i centri culturali, i club intellettuali e quello che più è interessante, le nuove tendenze della comunicazione di marketing partono da qui. Eh sì signori, Berlino è il crocevia di espressioni creative che arrivano dall’est europeo che si miscelano con il pragmatismo teutonico in un melting pot culturale che non ha eguali nella storia tedesca.

Se in Italia si respira declino e decadenza sociale, in Germania si percepisce un’aria particolare. Le vecchie generazioni sembrano arroccate in difesa mentre le giovani generazioni sono in piena esplosione creativa. Il surplus enorme della bilancia commerciale tedesca dimostra come non solo la potenza industriale tradizionale e manifatturiera gioca un ruolo economico fondamentale ma anche tutto quello che ruota intorno al web ha un peso sul PIL che sfiora le due cifre. Se l’80% del traffico dati europeo passa dal/sul suolo della Repubblica Federale, anche la produzione di contenuti creativi comincia ad avere la stessa identica matrice. Per l’ICT italiano e soprattutto per le web agencies del Bel Paese, sarà una concorrenza durissima nei prossimi anni con un made in Berlin così innovativo.

La questione non è che Berlino possa diventare un competitor pericoloso e vincente ma che le nostre menti più creative, stufe di essere considerate poco o nulla, prendano il primo volo della Ryan Air per trasferirsi all’ombra della Porta di Brandeburgo.

Dobbiamo davvero imparare a ragionare in termini di brand, altrimenti rimarremo con un misero WordPress in mano a produrre siti web per la Macelleria Equina del Sig. Rossi. Oppure si finirà per delocalizzare anche il pensiero creativo e questo è spaventosamente sbagliato.


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