STABLE COIN LA VIA PER ESSERE LIBERI DAL FALLIMENTO DEL SISTEMA EURO


SIMONE E IL FURTO DI CONOSCENZA DAL LAVORO!


DA UN AMICO LETTORE UNA TRISTE VERITA'

Amici, vorrei raccontare la mia esperienza.
Lavoro nel settore abbigliamento e più precisamente mi occupo di distribuzione all'ingrosso di abbigliamento. Il settore della produzione e confezione di abbigliamento è ormai da anni in uno stato comatoso, ma ora stiamo arrivando al punto di non ritorno.

Ci sono imprenditori seri che producono in Italia e utilizzano solo materie prime prodotte in Italia e rispettano tutte le regole del settore in tema di sicurezza, contributi, ed imposte ed oggi si stanno accorgendo che il loro fatturato sta scendendo di circa il 20% - 30%;
Ci sono imprenditori cinesi che producono in Italia, non rispettano le regole del settore e fanno concorrenza sleale;
Ci sono imprenditori italiani non seri che non producono in Italia, ma spacciano il loro prodotto come se fosse prodotto in Italia e pertanto danneggiano gli imprenditori seri.

Ma ormai tutti sanno queste cose, ma forse qualcuno non Vi ha ancora detto che ogni lavoratore italiano che rimane a casa non permette di tramandare alle generazioni future il lavoro sartoriale, pertanto non solo stiamo perdendo le aziende serie, ma stiamo perdendo la conoscenza del lavoro. La conoscenza dell'operare permette al lavoratore di spingersi sempre più alla ricerca di nuove macchine, di nuove soluzioni e pertanto, di innovare. Ma se i nostri lavoratori non dovranno far altro che scaricara la merce dai container cinesi, stirare i capi di abbigliamento, impacchettarli e spedirli, capite bene che in Italia basterà un quoziente di intelligenza molto basso per lavorare.

All'università di Economia gli economisti ci insegnano che le aziende devono portare le loro produzioni all'estero. I manager devono creare ricchezza aumentare i margini dal 50% al 2000% altrimenti che serve fare impresa bisogna imparare ad essere furbi. Dobbiamo imparare a vendere a 1000 quello che in realtà vale 10 questo è business. Ma quelle grandi menti non hanno spiegato che quando paghiamo quella merce i nostri soldi vanno all'estero e pertanto, saranno spesi all'estero e non in Italia. La ricchezza, così, si sposta da un paese all'altro e quindi se vogliamo mantenere il nostro tenore di vita sarebbe utile cambiare paese e non innovare l'azienda. Quelli grandi menti non hanno mai studiato il fondamento della nostra economia: le piccole imprese. Il mondo ce le studia e noi come tutte le cose belle che abbiamo ce ne accorgeremo solo quando non ci sono più. Le nostre piccole imprese costruite con il solo amore del lavoro, del fare le cose bene, del produrre industriale senza abbandonare la meticolosità del metodo artigianale e non costruite solo per far soldi.

In bocca al lupo a tutti i lettori sani di mente di MercatoLibero.

Simone
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37 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido tutto ma non ho alcuna fiducia in un prossimo "illuminismo" industriale e sociale in Italia.
Siamo un paese ridicolo fondato su incertezze socio-politico-economiche.
L'economia "sana", sostenibile e con un progetto sociale non esiste.
Esiste solo speculazione a breve termine.
Finiti sono i tempi in cui , esempio, De Gasperi partiva per l'America,nel 1947 ,con un cappotto con collo di pelliccia preso a prestito.
Tornò con 100 milioni di dollari di prestito del piano Marshall.
Garanzie richieste ...sulla parola ! Oggi se ci devono prestare 1000 euro ti chiedono firme di avvallo sino alla terza generazione.
Ci sarà un perchè...

Anonimo ha detto...

Purtroppo la situazione è analoga anche in altri settori produttivi. Nel mio campo, informatica, la produzione di software viene delocalizzata in INDIA, ROMANIA o altrove, mentre i call centre vengono spesso delocalizzati nei paesi dell'Africa settentrionale (Marocco, Tunisia etc), con tutto ciò che ne consegue in termini di occupazione e di mantenimento in Italia delle professionalità relative.

Saluti a tutti

Marco P

Anonimo ha detto...

Caro Simone la tua è un'esternazione sincera che tutti quelli che amano questo paese abbracciano con tristezza. Non so se ti è possibile ma con l'aiuto di mercato libero puoi farci conoscere queste aziende?
Domenico.

Anonimo ha detto...

bravo Simone !!

gli artigiani italiani, per lavorare, devono rispettare migliaia di leggi e regolamenti e pagare centinaia di balzelli mentre, i cinesi, tutti questi problemi non se li pongono nemmeno.

loro prosperano mentre gli italiani chiudono.

loro portano in cina i loro guadagni stellari mentre gli italiani....

ma va bene così....finchè non avremo tutti appoggiato la nostra faccia nella merda, provvedimenti seri non se ne prenderanno.

saluti
giaki

cristina ha detto...

Simone dovrebbe lei andare alla Bocconi a spiegare il perche' il global ci distruggera!
Grazie per il chiarimento illuminante.
Cristina

Anonimo ha detto...

solo le persona "sane" come noi possono cambiare sto mondo di m....

Marco

Denis P. ha detto...

Penso che condividiamo quasi tutti il pensiero di Simone e che il discorso valga anche per settori merceologici differenti. Il problema del mercato globale è che chi vende a meno spesso ci riesce attraverso una concorrenza sleale, trascurando la responsabilità sociale nei confronti dell'ambiente e dei lavoratori. A tal proposito, avevo abbozzato uno spazio web, per raccogliere un elenco di aziende che operano secondo delle regole, in modo che l'utente finale sensibile a queste tematiche possa avere maggior informazione sui prodotti che acquista. Se vi può interessare il progetto visitate www.madeinec.org

Anonimo ha detto...

Il danno piu' grave che i cosiddetti economisti hanno prodotto e' la perdita del know how. Qui in lombardia orientale ci sono piccole aziende meccaniche che cotruiscono stampi per blasonate case automobilitaiche tedesche. La progettazione e la costruzione di uno stampo sono attivita' estremamente tecniche, al punto da rasentare l'opera d'arte, e l'arte, da sempre, si ruba in bottega. Quando questi chiuderanno chi sapra' fare il lavoro? I cinesi, che sono gialli ma non sono stupidi. A noi allora non restera' altro che dedicarci ad attivita' circensi per divertire i turisti. E' molto triste ma niente di nuovo.

Ahi serva Italia, di dolore ostello
nave senza nocchiero in gran tempesta
non donna di provincie ma bordello...

Sembra scritta oggi...

Suerte

Anonimo ha detto...

Ciao Simone,
non so bene cosa tu faccia ... ma riesco solo ad urlare RESISTI!!!! Il punto di non ritorno ... dobbiamo trasformarlo in un giro di boa!!!! Nel mio piccolo sto cercando "soluzioni" per il mio settore, ma, essendo strabica, con un occhio sto guardando anche ad altre realtà ( come quelle che citi tu, le piccolo imprese, le botteghe, che io amo chiamare la memoria storica della nostra economia...) Non possiamo assolutamente perderle ... ( non esisterebbero università al mondo in grado di "insegnare" ciò che può solo essere tramandato) e ti posso assicurare che c'è un movimento silenzioso che vuole lavorare in questa direzione.
Vieni ad Alba il 14.11.09 ( vedi annuncio su Mercato News )così ci possiamo conoscere ... e chissà!
Cartucce da "sparare" ne abbiamo molte ... insieme possiamo tentare di fare qualcosa di VERO e REALE!!!! Abbiamo solo bisogno di un pò di tempo ed essere disposti a spenderlo ... Paolo insegna!
Ciao
Elisa

Roberto B ha detto...

Leggo ogni giorno questo blog e piu’ passa il tempo e piu’ vedo che stanno cambiando i visitatori.

Leggo di gente che si lagna in continuazione, “e non funziona MLL “ e doveva arrivare un “Top Trader che ancora non si e’ visto” e manca l’articolo di “Michele Nista” ecc..

O..cari signori inscritti e non, il nostro Paolo Barrai che abbiamo sostenuto e accompagnato fin dall’inizio fa tutto cio’ a gratis e SOTTOLINEO A GRATIS e con grande sacrificio!!

Quindi cercate di accontentarvi, e se proprio ne avete necessita’ andate a raccogliere informazioni dalla banca sotto casa (a pagamento) al bar dello sport, o dai siti specializzati (a pagamento)

Ma…proprio non capisco certa gente

nabucco ha detto...

Tremendamente vero il quadro di Simone.

Unknown ha detto...

Condivido in pieno Simone ......ed essendo nello stesso segmento (tessile..)....realizzo l amara realta del lento morire delle PMI e dei distretti....

Il tutto grazie ad economisti e avidi e scorretti concorrenti......ma devo dire anche all ignoranza di un consumatore che paga 100 quello che vale meno di 5.....

Matteo

Anonimo ha detto...

Simone ha ragione, purtroppo è un problema profondo che mostra una carenza di cultura. La cultura oggi ci viene somministrata dai media, soprattutto i giovani sono facilmente attratti dalle sirene dell'apparire. Si dovrebbe ripartire proprio da li dalla cultura, in un paese che utilizza il sistema scuola come parcheggio occupazionale per 1 milione di addetti. Dobbiamo reagire contro politicanti senza mestire che vendono il futuro per i privilegi del presente. Avidi e ignoranti!
Diamoci da fare, e diamoci una mano tutti insieme.
roberto

Anonimo ha detto...

Finalmente si comincia a capire perchè vogliono fare invadere l'Italia di extracomunitari: non vogliono operai ma vogliono gente da trattare e pagare come schiavi.

cactusrealitus ha detto...

Abito nella provincia di prato e penso di conscere un poko la situazione del tessile in italia.

quello ke ha detto simone è vero ma non ci possimo fare niente.

quello che sta subendo prato ed il settore tessile in generale non è altro quello che la ns industria ha fatto, grazie al ns intuito perseveranza etc etc, a paesi che avevano una florida tradizione tessile.
non avete mai visitato le fiandre oppure l'inghilterra?
l'industria tessile è morta!
noi PRATESI grazie al fatto di avere un costo del lavoro basso e una grande inventiva abbiamo messo fuori mercato quelle nazioni e siamo di fatto diventati monopolisti del settore.
prima o poi i monopoli muoiono....

la grande moda francese ormai non è + neance una brutta copia di quella di anni fa e mi sembra che anche il settore alimentare si stia indirizzando sul solito andazzo
in effetti anche nel settore alimentare siamo o lo stiamo diventando un leader.
il prodotto tessile è un prodotto ad alta intensità di lavoro e bassa intemsità di capitale, di conseguenza la politica dei prezzi è vincente.

ormai la ns zona già anni fa, molti, erà già stata definità zona a decadimento industriale da parte della cee... con tutte le conseguenze che ne derivano!

il fatto che, nonostante il settore stia morendo lentamente, non ci riesce creare posti di lavoro che siano "ricchi"!!! ovvero dove le conoscenze richieste e di capitali sono elevate!

ma questo è un altro discorso

cmq sia il discorso sul tesile aprato è riduttivo giustificarlo solo con il fenomeno dei cinesi piuttosto sono stati un fortissimo catalizzatore del fenomeno

Anonimo ha detto...

Ho fatto la donazione. Piccolina. Pero' e' la 2a, ah non sono stato in grado di dirti il mio nome, dato che la cartaSi e' intestata a Favaro M. Pero'la email e' zanchetta.paolo@libero.it
Mi dispiace di non avere avuto la possibilita di essere ammesso a Mercato Libero Londra.. Il fax l'ho mandato in tempo..
Paolo..TV

Anonimo ha detto...

Signori si chiama globalizzazione...
Si possono solo invocare più controlli (ma ci sono le mafie di mezzo) e una politica più attenta

Anonimo ha detto...

E di nuovo si chiude la stalla dopo che i buoi sono scappati. Ma dove viveva la gente quando accadevano gli eventi sotto riportati? Sulla luna? I politici e gli imprenditori che interessi avevano in quelle manovre? Stavano facendo il bene del loro Paese per cui erano lautamente pagati?
Si parla di memoria storica, ma solo per le cose che non hanno ormai più importanza, mentre quelle che hanno distrutto la vita di milioni di lavoratori si omettono perché “riduttivi”.

Tessile: Gft, messicani ancora all' attacco di TORINO. L' imprenditore messicano Fabio Covarrubias conferma il suo interesse all' acquisizione del Gft, il gruppo finanziario tessile di Torino amministrato da Clemente Signoroni (nella foto). Il gruppo Covarrubias e la Banca d' affari Morgan Grenfell . che lo rappresenta in Italia . hanno smentito la notizia, diffusasi ieri pomeriggio, secondo cui l' imprenditore messicano avrebbe ritirato l' offerta. Il gruppo torinese, intanto, ha intenzione di intraprendere un programma di investimenti, in particolare si punterà sulla CINA (!).
(14/01/1994) - Corriere della Sera

Cina nel Wto entro l' anno
Repubblica — 24 ottobre 2000 pagina 31 sezione: POLITICA ESTERA HONG KONG - L' Unione europea "lavorerà DURO affinché la Cina entri nella World Trade Organization entro la fine dell' anno". Lo ha affermato il Commissario europeo, Pascal Lamy, a Pechino insieme al presidente della Commissione, Romano Prodi, e al presidente di turno francese, Jacques Chirac, per il vertice bilaterale Ue-Cina. "Sia il presidente cinese Jiang Zemin che il primo ministro Zhu Rongji hanno chiarito - ha detto Lamy - che vogliono questo ingresso entro la fine dell' anno". "Zhu - ha aggiunto Prodi - ha confermato che la Cina è pronta a rimuovere gli ultimi ostacoli e che non intende tirarsi indietro dai suoi impegni". "Il prossimo piano quinquennale economico e sociale sarà all' insegna dello sviluppo" ha insistito Jiang Zemin, "e il punto di partenza resta il miglioramento del livello di vita della popolazione". Rongji ha aggiunto che "l' obiettivo entro il 2010 è il raddoppio del Prodotto interno lordo del 2000, cioè una crescita annua almeno del 7 per cento. Per quest' anno", ha annunciato, "si prevede una crescita di circa il 7,5 per cento".

Otto ore di sciopero negli stabilimenti Gft
Repubblica — 28 marzo 2001 pagina 9 sezione: TORINO
Otto ore di sciopero oggi al gruppo Gft in concomitanza con la riunione del consiglio di amministrazione della Hdp, la holding che controlla il gruppo finanziario tessile in programma stamani a Milano Non solo: nel capoluogo lombardo, dove si ritroveranno i soci della Hdp, è prevista una manifestazione alla quale parteciperanno anche lavoratori torinesi: alcuni pullman partiranno, alle 7, dai quattro stabilimenti del gruppo in Piemonte: quelli di corso Emilia, via Reiss Romoli, San Mauro e Bosconero. «Un disastro annunciato, una decisione molto grave destinata ad avere ripercussioni drammatiche per il Gft»: così i sindacati tessili definiscono l' annuncio di Maurizio ROMITI, amministratore delegato di Hdp, dell' intenzione di lasciare il settore della moda. «I 1200 lavoratori del Gft - sostengono i sindacati - vedono il loro posto di lavoro messo pesantemente in discussione. Ancora una volta un patrimonio di professionalità e di grande valore economico rischia di essere dissipato a causa dell' incapacità di chi ha avuto in questi anni la responsabilità delle scelte strategiche. Il “Polo del lusso” di Hdp, se mai è esistito, non ha fatto altro che accumulare perdite bruciando miliardi e posti di lavoro con un ritmo impressionante».

Anonimo ha detto...

Triste realtà, e la cosa mi fa rabbia, nell'abbigliamento
mi faccio le seghe mentali per cercare di comprare prodotti di qualità italiani anche se ogni volta è un'impresa districarsi tra le varie etichette, ma si può fare con tempo e pazienza, ormai anche quando hai bisogno di qualche lavoro di sartoria, morte le vecchiette di una volta, ago e filo sono passati di mano a indiani e pachistani e hainoi il mestiere lo sanno fare bene eccome, stiamo quindi abbandonando anche i lavori più umili che al giono d'oggi vista la richiesta rendono eccome. Io voglio solo prodotti concepiti dalla nostra abilità e fantasia e fatti con le nostre mani,sarebbe utile pubblicare in rete tutto ciò che è rigorosamente made in italy.

ddrillo ha detto...

ammesso che il post venga pubblicato,viste le recenti "visioni divergenti" sulla funzione di un blog con l'autore :
sono in totale sintonia di pensiero con Simone.
faccio da quando ero ragazzino il rappresentante nel settore tessile/moda, all'inizio della filiera.
vendo tessuti ed accessori ai responsabili prodotto delle aziende ed agli stilisti.
ho visto negli ultimi 15 anni (perchè è da lì che è iniziata la via del non ritorno)aziende andare a produrre in cina, pakistan, marocco, tunisia, seycelles etc. etc., sempre e solo dietro il motto "se non lo facciamo anche noi, siamo tagliati fuori dal mercato".
e poi, ho visto le più prestigiose griffe del made in italy usare materiale sempre più scadenti, accessori inguardabili ma rigorosamente venduti a prezzi sempre più alti.
ad oggi dietro al made in italy raramente c'è un made in italy ma sembra che agli utilizzatori finali questo poco importi.
beh, lasciatemi dire da addetto ai lavori, che se le aziende hanno colpe enormi, almeno altrettante colpe le hanno i consumatori.
il gusto del vestire bene, inteso con capi che mantengono quello che promettono, con scarpe che costano care ma durano tanto e si possono far riparare(lavorerebbero anche i calzolai) si è perso nella notte dei tempi.
ad oggi la gente vuole spendere poco, compra camicie da 7/10€ (il solo tessuto italiano costa di +) le usa 3 volte e poi le butta via, nei piedi a persone con abito gessato da 100€ (anche lui made in china) vedi scarpe di cartone che si aprono solo a guardarle.
però c'è ci sono ancora persone che pensano che giacca e cravatta rendano una persona presentabile e rispettabile.....
beh, permettetemi, ma ritengo tutto questo sbagliato !!!!!!
perchè tutti sanno selezionare i telefonini migliori, i tv lcd più performanti, e quindi disposti a spendere cifre adeguate ,ma nessuno è più in grado di premiare le aziende della moda ( è c'è ne sono) che si impegnano a fare ricerca, ad investire in materiali, a dare un valore aggiunto al proprio prodotto ???

la risposta : IGNORANZA
siamo italiani e badiamo all'apparenza e poco alla sostanza....

cmq, grazie Simone per la tua testimonianza, spero ne seguano altre

Anonimo ha detto...

Ma secondo voi perchè le produzioni tessili si sono trasferite dall'inghilterra all'Italia? Per le stesse ragioni per cui dall'italia sono finite in Cina. E dalla Cina si stanno già trasferendo al Vietnam. E chi glielo dice ai Vietnamiti che questa noi la consideriamo concorrenza sleale. Sleali forse siamo noi che vorremmo mantenere la produzione in italia ai costi(=stipendi) che decidiamo noi.
La concorrenza è l'anima del commercio (dice un detto forse proprio cinese)ed il merito deve essere del più capace. Anche se cinese o vietnamita.
Detto questo non credo che il tessile scomparirà dall'italia, resteranno i prodotti di qualità (e di alto costo), i prodotti fatti su misura, il pronto moda, ovvero le nicchie per le quali il costo della manodopera è meno rilevante e la distanza di più.
Ma dobbiamo scegliere di competere dove abbiamo differenziatori e non piangerci addosso. La globalizzazione non si fermerà e per il mondo è meglio così.
Benedetto

Anonimo ha detto...

bell'articolo senza dubbio, e diciamo mi tocca da vicino , in quanto dopo 27 anni passati nel tessile in qualita di direttore tecnico , creando campionari e girando il mondo ora mi ritrovo in cassa integrazione. volevo aggiungere 2 considerazioni , che possono sfuggire in quanto danno i loro effetti negativi piu forti nel tempo.La prima è che se continuiamo cosi, le gente che si è abituata a comprare un capo di abbigliamento mettiamo a 20 euro di produzione cinese anche etichettato italiano , non ritornera piu a comprare tranne rari casi un capo di produzione italiana che dovrebbe costare almeno il triplo , visto la situazione economica e molto piu importante l'abitudine che si sara' creata nel frattempo come idea di prezzo giusto per quell'oggetto.
La seconda è che ormai il mercato è in mano alle grosse multinazionali tipo zara , H & M etc etc tutte produttrici in cina vietnam e queste aziende hanno bisogno per guadagnare di vendere tanti capi a basso costo di produzione ,non di vendita, infatti hanno buoni margini ,quindi nei loro negozi non troverete quasi mai capi confezionati con stoffe e filati fantasia o di alto contenuto qualitativo prodotte in italia,ma solo capi che riflettono la tendenza del momento agendo su taglio e colore, in quanto i primi non sarebbero prodotti che possono essere venduti in grande numero per tipologia e prezzo, e quindi non interessanti per loro,e questo comporta il secondo problema la formazione di un gusto che non premia qualita fantasia ma cose piu lineari e tagli semplici, allora dirrete voi li c'è posto per l'azienda italiana che puo puntare a produrre quelle cose,ed è quello che tutti dicono no ? innovazione ricerca qualita ma io mica tanto sono concorde, perchè ci sarebbe sempre troppa differenza di prezzo e l'idea di prezzo giusto per quell'oggetto del punto 1 ti frega,e poca quantita in modo da non far essere interessante e remunerativa la produzione . si potrebbe continuare discutendo su chi ha piu potere contrattuale fra le multinazionali o 100 tessitori confezionisti etc quando si tratta a livello europeo,la risposta datevela da voi . logicamente questo vale per il grosso del mercato, per la roba firmata, esistono altre dinamiche .Tornando ai cinesi, vivo a Prato .... brevemente, i cinesi fanno il loro gioco sfruttano le debolezze della natura umana il nostro lassismo le nostre tempistiche di intervento sui problemi, la voglia di soldi, tutte queste ragioni stanno alla base del declino, comunque questi sono passaggi storici quello che dico io dovrebbero essere governati regolamentati con un po di etica (come dice spesso Paolo Barrai ) ed è questo quello che manca .scusate il lungo articolo, spero possa essere utile ai lettori del blog . alessandro g. prato

Anonimo ha detto...

Biella , settore tessile in crisi.Siamo alle solite lamentele,è colpa dei cinesi,è colpa del dollaro,è colpa dell'euro ecc. ecc.Invece non è mai colpa dei nostri "poveri imprenditori" che 25 anni fà hanno iniziato a esportare il loro macchinario e competenze tecniche nei paesi dell'est,poi in Cina ,pensando di essere i più furbi del mondo,a sottopagare i loro dipendenti (il contratto di lavoro dei tessili è uno dei peggiori in circolazione).Quindi "poveri imprenditori" prima di piangere lacrime di coccodrillo provate a fare un esamino di coscienza.P.S a Prato i Cinesi andavano bene fio a che lavoravano in nero per i nostri "eroici imprenditori"....Saluti a tutti

Anonimo ha detto...

ma non è mica così difficile salvare il made in italy, sapete?
ad esempio io per gli abiti compro la stoffa e me li faccio fare su misura. Pensate costi tanto? 300-400 euro (dipende dalla stoffa). lo stesso per le camicie (dai 50 ai 65 euro) e le cravatte (25 euro). Ma il problema sono quei consumatori che se non mettono bene in mostra il cavallino, il coccodrillino, l'aquiletta, ecc ecc (magari contraffatti) non si sentono realizzati....

il pavone

Anonimo ha detto...

Ma si... ritorno della lira, svalutazione, piano energetico forte, nazionalizzazione delle aziende di interesse nazionale
Enel, telecom, eni..
E poi facciamo noi i cinesi d'europa.
Saluti

Anonimo ha detto...

Signori, mi fa molto piacere leggere questi post.
Però mi fa incazzare il fatto che non si creano associazioni per difendere i prodotti Made in Italy.
Non sapete che incazzatura comprarsi delle scarpe e immaginare che un pezzo lo hanno fatto in Cina, le cuciture in india con la pelle proveniente dal congo...etc...etc... chiuse e confezionate in Italia.

Scrivevo su un commento ad un articolo di Andrea Mazzalai (il quale sosteneva che la gente ha perso la capacità di indignarsi, e che c'è bisogno di serietà, lealtà & Co.) che se questa "rivoluzione" la gente realmente la vuole, se veramente la gente crede e vuole riaffermare certi valori, "la nuova cultura/civiltà" deve partire dalle organizzazioni. Quelle politiche hanno fallito.

Tu Great Pablo Barrai Vs Nista Michael

1000xcambiare 2000x1 e tutti x 2000e poi ci dedichiamo all'attività di borsa che più di tutte esalta l'individualismo?! Questo vale soprattutto per te Pablo, Michael l'ha sempre fatto.

Huston sto perdendo il segnale!!!


Un Neopromotore

Luca

P.S.
Ho un evidente problema con le scarpe :))

Statemi Bene

ML ha detto...

Luca...ma che dici....si vede che il segnale lo hai perso un poco...

mauro ha detto...

Grazie della testimonianza. L'ho riportata nel blog http://giovanimprenditori.wordpress.com

Mauro

Claudio ha detto...

Leggo con un po' di stupore la lettera di Simone e tutti i commenti a favore.
Io di mestiere faccio il consulente di direzione, uno di quelli che consigliano di andare all'estero per abbassare i costi (o di esternalizzare le attività a cooperative o altre realtà a costi minori).
Ma allo stesso tempo consiglio di valorizzare le UNICITA' delle singole aziende... sono queste a fare la differenza e a mantenere in alto il made in Italy.
Le aziende che lo sanno fare, che sanno innovarsi riescono a sopravvivere nonostante (o forse proprio grazie) ai cinesi, gli altri sono destinati a soccombere e a morire.

E' LA DURA LEGGE DEL MERCATO.

E' però la stessa legge che sprona i nostri imprenditori (quelli veri) a trovare soluzioni ardite ed innovative, in qualunque settore stiano lavorando, e quella che fa la fortuna della multitudine di piccole imprese che sempre hanno rappresentato il meglio dell'Italia.

E' la stessa legge che - a volte - porta gli stessi imprenditori a trovare vie alternative per evadere il fisco perchè diventa troppo pesante e opprimente (e qui chiudo il discorso altrimenti divento troppo polemico).

Attendo con ansia le vostre risposte.
Claudio

mario ha detto...

Molto interessanti le considerazioni di Simone. Aggiungerei che la situazione è comune anche in altri settori (qualcuno è in condizioni migliori).
Fino a quando i "manager" sono incentivati (e che incentivi!!) a produrre al prezzo minore, ma a breve termine, non c'è da aspettarsi molto di più. Questi manager sono i primi a scappare dall'azienda che hanno "spemuto".
Il problema è ETICO, l'etica (i nostri vecchi la chiamavano coscienza) non si impara studiando, ma parlando, discutendo, vivendo con le persone e non davanti alla TV i cui unici programmi decenti sono programmati dopo le ore 23,30; tutto il resto è spazzatura. Senza contare che l'informazione è blindata.

Anonimo ha detto...

Triste la situazione descritta, che conosco da vicino abitando a Carpi, altro distretto del tessile e maglieria segnato dallo stesso destino.
Vorrei ricordare che fino a agli anni '80 i cinesi eravamo noi: nero a go-go, orari continui, grandi numeri, luoghi di lavoro non a norma, grandi ricavi.
Non è rimasto granchè.
Tornare al passato è impossibile (davvero c'è qualcuno che crede che svalutando la moneta gli investitori torneranno ? E se fosse, poi con cosa le compriamo le materie prime? Con delle "cariolate" di lire svalutate?)
La maggior parte delle tradizionali produzioni italiane sono "bocce perse", facciamocene una ragione.
Sarebbe il momento, e lo era già 20 anni fa, di pensare al futuro e cominciare a progettare e produrre prodotti tecnologicamente avanzati (robotica, elettronica, rinnovabili, etc).

llurex ha detto...

@ddrillo.
leggo il tuo post e sono davvero incuriosita sulle prospettive o meno di un giovane che vorrebbe investire in un master nella moda, vedi i vari istituti di formazione in management che ci sn..in francia in particolare?tu da professionista come lo vedi?a livello di product management e retail mi pare che il mercato ofra ancora occasioni di lavoro...
io stavo cmq pensando di tentare in francia, dv mi pare cheil settore abbia piu tutele...
o dici che anche nel management ci sn poche speranze?in paesi cm austria e germania il made in italy resta cmq il made in italy, citta come monaco, amburgo e vienna vestire italiano fa cmq la differenza, nonostante catene cm mango e zara spadroneggino..ma ormai queste cattive abitudini sn arrivate anche da noi.
io sarei per delle pesantissime sanzioni per chi vende mae in italy prodotto in romania che di italiano ha solo l'etichetta.
e la UE dovrebbe fare qualcosa di pratico e immediato, sia il prodotto un maglione italiano piutosto che un condizionatore tedesco...
poco da dire, ma l'embargo è l'unica, purtroppo utopica soluzione...
mi piacerebbe avere una tua spassionata opinione a riguardo(matteo)..avendo da sempre avuto il pallino per la moda avrei davvero piacere di ricevere un consiglio..master si o no??

Anonimo ha detto...

Don Pablo, io non faccio Trading sarà per questo.

Buon Lavoro

Luca

paolo m ha detto...

caro simone niente di nuovo ,io ho iniziato a lavorare esttamente 29 anni fà il 22 settembre 1980 avevo 14 anni ora ne ho 43 allora aveva più diritti un apprendista che un operaio ora sai come è ,i politici di allora: leone, flaminio piccoli ecc.ecc magnavano ma facevano anche magnà ,non avevamo una beata fava di niente ,e eravamo contenti se con i bot ci davano il 15% (peccato che l'inflazione era al 18%) morale oggi abbiamo tutto e non siamo contenti ,forse assieme agli economisti da 2000% ci siamo anche noi ,poi è vero un manager 30 anni fà pigliava 1 a 20 (operaio 1.000.000 manager 10.000.000.) oggi operaio 1000 manager 400.000) a dimenticavo loro non hanno ammortizatori sociali .
consolati la grande sorella con la falce non fà distinzione ,e la cassetta(da morto) non ha tasche (magra consolazione)

Andrea ha detto...

Comprendo lo sconforto di Simone e mi auguro che possa al più presto reimpiegare i suoi skill e il suo amore per il lavoro in modo più gratificante.

Mi vedo tuttavia costretto a obiettare su alcuni punti:

1) L'utilizzo di materie prime prodotte in Italia non è di per se un merito a meno che a tali materie non sia connaturata una superiore qualità o economia intrinseche, non è proteggendo ciò che viene prodotto in Italia "per definizione" o in modo non competitivo, che si salva la nostra economia.

2)Chi non paga le tasse dovrebbe andare in galera, negli USA è così da noi per qualche motivo evadere=investire nel proprio futuro (vedi scudi, multarelle irrisorie agli evasori etc)

3)Chi nasconde la vera origine del proprio prodotto commette un reato.

4) Se il destino del settore tessile è la delocalizzazione della produzione il protezionismo non lo salverà (e sarebbe ingiusto che lo facesse)

5) "Ma quelle grandi menti non hanno spiegato che quando paghiamo quella merce i nostri soldi vanno all'estero e pertanto, saranno spesi all'estero e non in Italia".
Vero solo nel breve periodo, sviluppando un vantaggio competitivo nella produzione di altre merci o servizi e abbandonando i settori in cui non siamo più competitivi potremmo esportarli e riappropriarci di quel valore (e ciò sarebbe molto più efficiente per tutto il sistema economico globale)

6)Le piccole imprese non sono belle per definizione, lo sono solo se innovano, hanno delle competenze un posizionamento o un brand talmente difendibili da poter compensare la carenza di "massa critica" (o se sono organizzate in distretti che raggiungon alti livelli di efficienza). Il fare le cose bene è un pregio solo se il valore delle cose fatte bene viene comunicato correttamente a chi acquista, o trova un mercato di nicchia in cui sfociare.

Da un punto di vista pratico, credo che sarebbe dovere dei nostri governanti porre in essere provvedimenti che facilitano la riqualificazione dei lavoratori in settori "in via d' estinzione", fornendo gli opportuni ammortizzatori, d'altro canto consiglierei a quei lavoratori, che non desiderano comunque riqualificarsi, di lasciare il loro paese e cercare fortuna altrove, magari puntando a posizioni di maggior pretigio in paesi dove le loro competenze, qui ormai diffuse e obsolete, sarebbero meglio apprezzate.In un mercato globale anche la ricerca del lavoro deve essere globale ahimè.


Andrea Farè

mauro ha detto...

Caro Paolo, grazie per essere passato nel nostro blog.

Per una collaborazione, molto volentieri da parte mia, parlo con il gruppo e vediamo di concordare qualcosa.

A presto
M

Mario ha detto...

Un'aggiornamento dei dati di Paolo M.
La forbice tra il primo e l'ultimo stipendio di un'azienda è ormai abbondantemente sopra 500 e nonostante questa crisi non scende, anche perchè i primi stipendi ad essere tagliati sono quelli più bassi!

Alcune considerazioni:
- Faccio presente che il gettito dell'IRPEF proviene, per la maggior parte, dagli stipendi dei dipendenti, che non possono evadere perchè qualcun'altro pensa a versarli per conto loro.
- Come ci sono molti imprenditori che fanno salti mortali per non lasciare a casa i propri dipendenti, ce ne sono molti di più che hanno utilizzato questa crisi per ridurre il monte salari e guadagnare con la Cassa Integrazione (ti faccio fare lo stesso lavoro in 4 giorni, il quinto stai a casa con la CIG).
- Ricordo che esisteva una legge per cui l'imprenditore non poteva dichiarare un reddito inferiore allo stipendio più alto pagato ai propri dipendenti (= se come titolare guadagni meno di un dipendente cosa stai a fare l'imprenditore - oppure stai facendo il furbo con il fisco), ma guarda caso è stata cancellata dallo stesso governo che ha promosso ed approvato il:
- condono tombale = se non hai pagato le tasse, non importa.
Ora con quattro soldi ti sistemi, ma chi ha pagato correttamente è fesso!
- scudo fiscale = ti faccio pagare il 5%, e rimani anonimo, anziche' le aliquote 38% 42% etc. così riporti in Italia i tuoi capitali e puoi fare investimenti in Italia.
Per mia considerazione uno che ha capitali all'estero non si sogna di fare investimenti in Italia, in questi anni che cosa ha fatto? Investimenti esteri che magari hanno reso di più!
L'anonimato è il sistema per far riciclare alla MAFIA i suoi capitali con il costo irrisorio del 5%. Tremondi ha dichiarato che controllerà, come? Certo se il controllo è stato come quando sono usciti i capitali possiamo dare per certo questo lavoro di lavanderia.
- Ultimo tassello di questo governo: la depenalizzazione dei reati fiscali.
Cioè l'amministratore delegato che firma il bilancio falso della società avrà solo un'ammenda, al pari di chi ha pagato l'ICI in ritardo, sempre se viene scoperto.