STABLE COIN LA VIA PER ESSERE LIBERI DAL FALLIMENTO DEL SISTEMA EURO


BANCA ITALEASE


Il secondo articolo:

GESTIONE SBAGLIATA- SENZA COPERTURE HA VINTO LA LOGICA DEGLI AVVOLTOI
ARTICOLO DI UMBERTO LOSCHI - LIBERO MERCATO PAG 8 (MARTEDI 9 OTTOBRE)


Ciò che ora vado a raccontare è qualcosa che nella sua tragicità segna il
punto di contatto tra i racconti fantastici del barone di Munchausen e la
finanza moderna. Nessuno professionista della finanza potrebbe mai credere a
quanto sembra essere realmente accaduto a Banca Italease. Ma come purtroppo
siamo soliti constatare la realtà riesce a prevalere sulla più fervida
fantasia, sulle favole e sui cavalli alati.
I fatti che hanno portato all’azzeramento del cda della banca stessa da
parte della Banca d’Italia, alla necessità di un sostanzioso aumento di
capitale da parte dei soci e al crollo vero e proprio del valore del titolo
in Borsa, sembrano essere legati a un gravissimo errore tecnico sulla
gestione dei derivati in carico alla banca. Quanto accaduto è confermato da
autorevoli fonti vicine alle vicende e soprattutto da fonti esterne, ovvero
da alcuni broker esteri controparti di Italease e da consulenti della stessa
banca.
La rete commerciale di Banca Italease oltre a vendere servizi di leasing,
forniva alla propria clientela anche strumenti derivati a corollario dei
prestiti concessi. Queste operazioni a volte consistevano nella semplice
copertura del rischio di tasso attraverso swap o l’acquisto di opzioni,
altre erano delle strutture più complesse e speculative che difficilmente
sono riconducibili alla sola attività di hedging.
Spesso contratti apertamente speculativi erano preferiti dai clienti per il
beneficio economico immediato che portavano, anche se difficilmente il
cliente era pienamente conscio del rischio che assumeva. Sono proprio i
contratti di questo tipo che hanno generato l’esposizione e la perdita alla
banca, dal momento che per la chiusura degli stessi è necessario pagare un
premio. Semplificando grossolanamente: all’apertura degli stessi i clienti
avevano incassato un premio per l’assunzione di un rischio. Ora la banca ha
pagato per chiudere i contratti con la controparte bancaria. Se i contratti
nei confronti dei clienti fossero portati a scadenza Banca Italease avrebbe
pagato per subentrare alle investment bank, accollandosi l’intero rischio di
mercato.
Banca Italease nella gestione dei derivati era neutra al market risk.
Infatti a fronte dei derivati sottoscritti con i suoi clienti utilizzava
contratti mirror (speculari) per coprirsi con controparti bancarie. Il
rischio che rimaneva in capo alla banca era quello della controparte ossia
della solvibilità dei propri clienti, ma in questo caso sembra che Italease
si fosse adeguatamente tutelata inserendo anche questi ultimi nella
valutazione della rischiosità del singolo cliente. Più semplicemente la
banca non assumendo mai posizioni proprie aveva come unico rischio legato ai
derivati il rischio di default di un cliente. Al 31 dicembre 2006, il mark
to market del portafoglio complessivo della banca con i clienti segnava un
saldo negativo di 225 milioni. Il trend ascendente dei tassi, coniugato all’aumento
della volatilità legata agli stessi ha fatto esplodere il valore complessivo
dell’esposizione in derivati della clientela nei confronti di Italease.
Secondo la semestrale al 30 giugno avevano raggiunto i 920 milioni di euro.
Dal momento le posizioni erano completamente coperte di fronte al rischio di
mercato, il rischio che era aumentato era solo quello della controparte.
Infatti se i clienti avessero continuato ad essere solventi nulla doveva
tangere la banca.
In questa situazione accadde l’irreparabile: quanto nessuno poteva
aspettarsi e quanto mai non doveva accadere, il suicidio di una banca sana
da parte dei propri amministratori. Ma non potendosi trattare di eutanasia
di una situazione decotta è più probabile si tratti di omicidio, ma lasciamo
all'autorità inquirente giudicare.
La banca decide di chiudere in pochi giorni l’intera esposizione in
derivati nei confronti delle controparti bancarie e di lasciare aperta la
speculare posizione nei confronti dei propri clienti, chiedendo loro il
rientro immediato delle posizioni. Una banca vive di equilibri ed arbitraggi
ed è difficile che possa decidere di chiudere tutte le sue partite debitorie
senza essere certa della contestuale chiusura di quelle creditorie. La
decisione di Italease ha provocato tre effetti nefasti:
· La banca non è più coperta nei confronti del rischio di mercato sui
derivati in mano ai clienti;
· Le banche di investimento hanno banchettato della chiusura dei derivati;
· I clienti non hanno aderito, se non in maniera marginale, alle richieste
di rientro.
In un primo momento erano circolate indiscrezioni sull’ipotesi che la
chiusura delle posizioni fosse stata la conseguenza di un margin-call
chiamato dalle investment bank. Questa possibilità ci è stata completamente
esclusa da più fonti.
Il risultato è che i derivati con la controparte bancaria sono stati chiusi
ai massimi, con un esborso vicino ai 700 milioni e che ora a quattro mesi di
distanza ben poco è stato recuperato e poche sono le speranze di recupero
della cifra dai clienti. A questo punto la decisione di azzerare il cda che
ha deciso la chiusura è stato il minimo. Si rammentano le parole del
presidente Lucio Rondelli nell’assemblea dell’8 settembre scorso che
alludevano a come forse le cose non erano come sembravano e che ci si
dovesse aspettare qualche clamorosa novità.
Su tutti i vecchi amministratori, da Rondelli all’ex ad Massimo Faenza,
comunque, ricade la responsabilità delle strategie e dei controlli sull’abbinamento
derivati-leasing, mentre la scelta suicida di chiudere solo «una gamba»
delle posizioni in derivati, e a condizioni da strozzinaggio, è
riconducibile sì al vecchio cda ma non a Faenza, che ormai era già fuori
dalla gestione.
Ciò che è difficilmente comprensibile è come risk-manager e i tecnici della
banca stessa abbiano aderito alle richieste del cda senza dimettersi o
segnalare la situazione alla magistratura. Infatti mentre è possibile
credere che degli affabili signori quali sono i banchieri e i componenti dei
cda in genere, non abbiano dimestichezza con i derivati, non è possibile che
le strutture tecniche all’interno della banca non siano in grado di
consigliare giustamente la dirigenza. Questo è un caso limite ma fa molto
riflettere specialmente alla luce della nuova normativa Mifid: in questo
caso la banca si è comportata da «operatore qualificato»? Ma se una banca
non lo è, chi mai può esserlo?
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