STABLE COIN LA VIA PER ESSERE LIBERI DAL FALLIMENTO DEL SISTEMA EURO


VENEZUELA: PER IL FOGLIO STATO FALLITO..PER IL MANIFESTO UN PARADISO IN TERRA


ecco l'articolo PAZZESCO apparso sul Manifesto che parla della fabbrica del futuro ..LA VENEZUELANA VTELCA..GE E' LA GIORNALISTA NELLA FOTO CHE LO HA SCRITTO...
..CARI UOMINI STATE ATTENTI SE DOVESTE AVERE LA FORTUNA DI INCONTRARLA...SAPPIATE COME LA PENSA.....
a seguire l'articolo DEL FOGLIO che prende in giro la tesi della Colotti...E DATO CHE IO SONO APPANA TORNATO DAL VENEZUELA...direi proprio che il FOGLIO HA RAGINE DA VENDERE

VEDETE VOI..LEGGETE QUESTI DUE ARTICOLI


Un modello “inte­grato e soste­ni­bile, gestito dai lavo­ra­tori”. Così, Akram Maka­rem, pre­si­dente di Vtelca, rias­sume al mani­fe­sto la filo­so­fia della Vene­zo­lana de Tele­co­mu­ni­ca­cio­nes. Una fab­brica all’avanguardia nella costru­zione di tele­fo­nia e cel­lu­lari, la più grande del Venezuela.
Siamo a Punto Fijo, nella regione di Fal­con, peni­sola di Para­guana. Il Con­si­glio di fab­brica di Vtelca è stato uno dei pro­mo­tori del V Incon­tro inter­na­zio­nale sull’Economia dei lavo­ra­tori, che ha riu­nito rap­pre­sen­tanti di imprese recu­pe­rate e auto­ge­stite pro­ve­nienti da ogni parte del mondo.
C’era anche il mani­fe­sto, nella dop­pia veste di impresa auto­ge­stita da gran tempo, e poi recu­pe­rata di recente dal col­let­tivo di gior­na­li­sti e poli­gra­fici che la pro­duce. E tra i punti del docu­mento finale, che ha sot­to­li­neato l’importanza dell’informazione auto­ge­stita nella lotta “al lati­fondo media­tico”, si è espressa anche forte soli­da­rietà al nostro gior­nale, accom­pa­gnato nell’incontro da altre due coo­pe­ra­tive edi­to­riali auto­ge­stite in Argen­tina, di cui par­liamo in que­ste pagine.
Entriamo in una fab­brica che avanza nel futuro con lo sguardo vol­tato all’indietro, come l’Angelus Novus: l’angelo della sto­ria, qui, sug­ge­ri­sce ancora che “anche la cuoca può diri­gere lo stato”. Cam­mi­niamo fra i reparti, gli ope­rai salu­tano e spie­gano. Akram inter­viene per for­nire dati e cifre. E intanto risponde alle nostre domande.
E’ un qua­ran­tenne ener­gico di sta­tura media. La sua fami­glia è di ori­gine liba­nese, “antim­pe­ria­li­sta da sem­pre e sem­pre dalla parte del popolo pale­sti­nese”. L’8 marzo del 2010, l’allora pre­si­dente Cha­vez lo ha nomi­nato diret­tore di Vtelca, la cui infra­strut­tura si esten­deva su un peri­me­tro di 4200 mq, e ora supera i 30.000. Un’impresa pub­blica a cui par­te­cipa capi­tale cinese per poco più del 15%: “Dipen­diamo ancora da loro per la for­ni­tura dei mate­riali – dice il diret­tore – ma in que­sta fase stiamo avan­zando verso la piena autonomia”.
Qui si pro­duce il cel­lu­lare Ver­ga­ta­rio, da un’espressione popo­lare che signi­fica “uno in gamba”. Riprende il diret­tore: “Sarebbe molto più eco­no­mico con­ti­nuare con le for­ni­ture esterne, ma dob­biamo affran­carci dalla sto­rica dipen­denza dal petro­lio: non per seguire le orme dello svi­luppo capi­ta­li­sta, ma per prov­ve­dere alle neces­sità effet­tive dell’essere umano. A par­tire dalla fab­brica inte­grata, che mette al cen­tro la costru­zione di nuove rela­zioni sociali, stiamo pro­muo­vendo una visione del mondo alter­na­tiva alla cosid­detta effi­cienza capi­ta­li­sta, basata sulla rapina e la distru­zione delle risorse. Pro­du­ciamo tec­no­lo­gia soste­ni­bile in base a quel che serve dav­vero alla comu­nità. La nostra con­ce­zione dello svi­luppo non è la stessa che ha preso piede nel cosid­detto primo mondo: per pre­ser­vare la spe­cie, occorre eser­ci­tare un con­trollo sulla tec­nica e sui mezzi per pro­durla. Per que­sto non pen­siamo solo alla pro­du­zione mate­riale, ma a uno svi­luppo inte­grale dell’essere umano, il più pos­si­bile in armo­nia con la natura”.
Vtelca è un labo­ra­to­rio di nuove rela­zioni sociali. Entriamo nel reparto rici­clag­gio. Qui tutti gli scarti e i mate­riali recu­pe­rati ven­gono tra­sfor­mati in gio­cat­toli per bam­bini, in biblio­te­che o ban­chi per le scuole, o strut­ture per i par­chi pub­blici: non si pos­sono ven­dere, ma distri­buire gra­tui­ta­mente e l’occasione serve per mol­ti­pli­care i corsi sul rici­clag­gio e per far cono­scere il nuovo modello. Nella regione, vi è un grande parco eolico che pro­duce ener­gia alternativa.
“Quando rici­cliamo – spiega il respon­sa­bile per le rela­zioni pro­dut­tive, Nil Rodri­guez – agiamo anche sul sim­bo­lico, creiamo la meta­fora di un mondo diverso. Inol­tre, chie­diamo sem­pre ai lavo­ra­tori se vogliono par­te­ci­pare ai gruppi musi­cali, alla squa­dra spor­tiva, ai corsi di mura­les o di gior­na­li­smo comunitario”.
Durante l’orario di lavoro? Ma allora è vero quel che dice la destra, che la pro­du­zione crolla quando le fab­bri­che sono gestite dai lavoratori?
Akram Maka­rem sor­ride, mostra tabelle e gra­fici. “Abbiamo scelto di inve­stire sulla qua­lità della vita, sulla dignità del lavoro e della per­sona — dice — Non si può star bene in fab­brica se ci sono pro­blemi intorno. Cer­chiamo di agire come un com­passo: far leva su un punto e agire in cir­colo, per modi­fi­care l’ambiente intorno. Gli ope­rai pia­ni­fi­cano la pro­du­zione, che ogni anno aumenta. Lavo­riamo otto ore al giorno dal lunedì al venerdì, ma se rea­liz­ziamo la meta anzi­tempo, com­pen­siamo con tempo libero. Per que­sto, non abbiamo paura di sospen­dere la pro­du­zione quando c’è una gior­nata di ven­dita di qua­derni per i figli degli ope­rai, o una ven­dita di ali­menti, una gior­nata per la salute”.
In que­sti giorni, c’è stata una gior­nata di auto­di­fesa. La mili­zia popo­lare ha mostrato come resi­stere ai sabo­taggi e agli attac­chi desta­bi­liz­zanti. “Stiamo sof­frendo una guerra eco­no­mica da parte delle grandi imprese pri­vate che pro­vo­cano scar­sità dei pro­dotti, ma qui abbiamo un Pdval, una delle catene di distri­bu­zione ali­men­tare del governo”, dice il direttore.
Visi­tiamo anche il resto del com­plesso indu­striale. In que­sta zona c’è una delle cin­que più grandi raf­fi­ne­rie di petro­lio al mondo. La peni­sola di Para­guanà custo­di­sce anche un enorme patri­mo­nio in ter­mini di bio­di­ver­sità ed è una delle mete più fre­quen­tate dai turi­sti. Una Zona eco­no­mica spe­ciale (Zes) che si estende per 2.687,51 kmq e com­prende i comuni di Fal­cón, Los Taques e Carirubana.
Qui si pos­sono com­prare pro­dotti esen­tasse. Le stesse imprese – la cui par­te­ci­pa­zione deve comun­que rima­nere mino­ri­ta­ria rispetto a quella sta­tale — sono eso­ne­rate dalle impo­ste sulla ren­dita (Islr) al 100% : a con­di­zione di ade­guare il pro­cesso pro­dut­tivo alle esi­genze del mer­cato locale e alle espor­ta­zioni. Il secondo anno, se espor­tano il 70% della pro­du­zione, con­ti­nuano a non pagare le tasse, altri­menti ver­sano il 50% della Islr, e così via per 18 anni. Le com­pa­gnie stra­niere devono comun­que lasciare i gua­da­gni nella banca pub­blica nazio­nale per almeno cin­que anni e dar conto seme­stral­mente delle attività.
L’anno scorso, sono state isti­tuite altre Zes, una delle quali nel Tachira, alla fron­tiera con la Colom­bia, dove più lucroso per le mafie e deva­stante per l’economia vene­zue­lana è il traf­fico di pro­dotti al mer­cato nero.
Il Vene­zuela volta pagina nel 2007. Dopo aver assunto il suo secondo man­dato, Cha­vez spinge sul pedale delle nazio­na­liz­za­zioni: dalla tele­fo­nia, al petro­lio, dall’elettricità alla banca e alla finanza, dalla side­rur­gia ad alcune indu­strie di pro­du­zione di ali­menti. Un qua­dro con­tem­plato dalla costi­tu­zione – che comun­que tutela anche la pro­prietà pri­vata — e inau­gu­rato con l’espropriazione del grande lati­fondo. Un cam­bia­mento che ha già pro­vo­cato la rea­zione dei poteri forti e il colpo di stato del 2002, ma che non si è fermato.
Un pro­cesso basato comun­que più su com­pen­sa­zioni che su veri espro­pri. Nella Faglia dell’Orinoco – una zona di circa 55000 km2 che custo­di­sce le più grandi riserve di petro­lio al mondo – quasi tutte le mul­ti­na­zio­nali hanno accet­tato le com­pen­sa­zioni o le nuove regole per restare sotto l’egida di Pdvsa, la petro­li­fera statale.
Solo la mul­ti­na­zio­nale Usa Exxon Mobil è scesa sul piede di guerra e con­ti­nua il con­flitto nei tri­bu­nali inter­na­zio­nali o nelle acque dell’Esequibo, una zona con­tesa tra Vene­zuela e Guyana.
In molti casi, i lavo­ra­tori hanno spinto dal basso le deci­sioni di governo acce­le­rando il pro­cesso, come nel caso della Sidor, nazio­na­liz­zata nel 2009.
Al con­tempo, si è andato con­so­li­dando un qua­dro nor­ma­tivo per la crea­zione di Comu­nas e Imprese di pro­du­zione sociale, e si è dato nuovo impulso alla par­te­ci­pa­zione diretta dei lavo­ra­tori e delle lavo­ra­trici nella gestione, nella pia­ni­fi­ca­zione e nel con­trollo della pro­du­zione. Ma si apre il con­flitto anche all’interno delle fab­bri­che di stato, dove i con­si­gli ope­rai più com­bat­tivi accu­sano alcuni gerenti di fre­nare la tran­si­zione al socialismo.
“Qui assu­miamo il dibat­tito e la con­trad­di­zione – dice Akram – ma con spi­rito costrut­tivo e senza set­ta­ri­smi”. Su que­sti temi, nel V incon­tro inter­na­zio­nale di Punto Fijo, il dibat­tito teo­rico si è tra­sfe­rito nel con­fronto diretto con le diverse espe­rienze con­crete. “Da noi – spiega Jesus Gomez, del Movi­mento pro­le­tari uniti di Fal­con — l’intento è quello di tra­sfe­rire la gestione delle risorse diret­ta­mente nelle mani del popolo orga­niz­zato, per depo­ten­ziare dall’interno le strut­ture del vec­chio stato bor­ghese: per­ché il vec­chio tarda a morire e il nuovo fa ancora fatica a nascere”.
Wil­liam Godeyo, argen­tino che fa parte del movi­mento popo­lare Patria grande, ha osser­vato dall’interno lo svi­luppo delle Comu­nas. Per 3 anni, una bri­gata di 45 com­pa­gni ha tenuto corsi in varie comu­nità, appog­giati dal Mini­stero delle Comu­nas e da quello di Planificacion.
“Si tratta di un pro­cesso di costru­zione comu­nale dal basso – spiega – basato sulla fede­ra­zione di diversi con­si­gli comu­nali che, dopo essersi regi­strati, orga­niz­zano un pro­prio par­la­mento, deci­dono di cosa ha biso­gno la comu­nità. Spesso tutto si mette in moto con l’occupazione di edi­fici o ter­reni abban­do­nati, che poi ven­gono recu­pe­rati dal governo e resti­tuiti ai cit­ta­dini. Abbiamo par­te­ci­pato a pro­getti di costru­zione auto­ge­stita di case popo­lari, che pre­ve­dono anche lo svi­luppo di unità pro­dut­tive per garan­tire l’economia par­te­ci­pata sul territorio”.
Adesso siamo in una sala di Vtelca in cui tro­neg­giano grandi mani­fe­sti e mura­les: da una parte i padri sto­rici del mar­xi­smo, dall’altro quelli delle indi­pen­denze lati­noa­me­ri­cane e l’omaggio agli indi­geni e ai primi schiavi ribelli che qui hanno costruito le prime “repub­bli­che libere”.
Akram mostra un’altra parte dei pro­getti dedi­cata ai bam­bini: un per­corso ludico per­ché impa­rino a cono­scere il lavoro in fab­brica fin da pic­coli “e a impa­dro­nirsi della tec­no­lo­gia”. Un’operaia sale sul palco, spiega il per­corso di cono­scenza che ha por­tato la fab­brica a que­sto livello.
“Cre­diamo nel pen­siero di genere e nel ruolo pro­pul­sivo della donna nel socia­li­smo boli­via­riano”, approva il diret­tore. E cede la parola all’operaio Pacheco, che arriva sor­retto da un bastone.
A Vetelca, i diver­sa­mente abili dicono la loro. “E parte della tec­no­lo­gia pro­dotta viene modi­fi­cata per ren­dere più age­vole la loro condizione”.
Poi, si canta e si balla con le can­zoni di Ali Pri­mera, a cui la zona ha dato i natali.

ED ECCO L'ARTICOLO DEL FOGLIO DI OGGI:
Apple e Samsung sono solo un residuo di un capitalismo al collasso, presto saranno spazzate via dai telefonini dell’avvenire di Vtelca. Ce lo spiega il manifesto con due paginate dedicate all’azienda statale venezuelana che produce cellulari secondo il metodo socialista, in “alternativa alla cosiddetta efficienza capitalista”. Eccellenza e qualità della vita dei lavoratori, altro che “metodo Amazon”. 
Il giornale comunista nel suo reportage racconta di una “fabbrica all’avanguardia nella costruzione di cellulari, che avanza nel futuro con lo sguardo voltato al passato come l’Angelus Novus: l’angelo della storia suggerisce ancora che ‘anche la cuoca può dirigere lo stato’”. E la citazione di Lenin è valida più che mai per il Venezuela: a Palazzo Miraflores in cabina di regia c’è Nicolás Maduro – non sarà un cuoco ma è pur sempre un autista di autobus – che però sta conducendo il paese giù per un dirupo. Il Venezuela è uno stato fallito, con l’inflazione oltre il 100 per cento, deficit in doppia cifra, criminalità e corruzione fuori controllo e soprattutto mancanza di qualsiasi bene di consumo, dal cibo alla carta igienica fino ai medicinali.

 Con un’economia al collasso, dipendente dal prezzo in caduta libera del petrolio, e con un assurdo sistema di controllo del cambio e dei prezzi è impossibile importare tutto ciò che serve. E non fa eccezione il mercato dei telefonini. Il Venezuela è il posto al mondo dove costa di più un iPhone 6, oltre 42 mila euro. I prezzi proibitivi della concorrenza dovrebbero avvantaggiare i telefonini socialisti e patriottici di Vtelca, brutte copie di modelli vecchi occidentali, ma anche l’azienda statale non riesce a importare i pezzi per assemblare i suoi telefonini per la penuria di dollari. Dal 2012 al 2015 in Venezuela la vendita di telefonini è scesa da 9 a 4,9 milioni e la produzione di Vtelca si è più che dimezzata. Voltando lo sguardo all’indietro, “come l’Angelus Novus”, il reportage del manifesto – lo stesso quotidiano che sempre ieri a pagina due e tre, senza batter ciglio, affiancava storie di “caporalato” in agricoltura e racconti di precari “deportati” dalla Buona scuola renziana che gli offre un posto fisso ma fuori dalla propria regione di residenza – fa venire alla mente quelli della Pravda e l’eccellenza tecnologica dei cellulari Vtelca ricorda quella delle Trabant della Ddr. Apple e Samsung possono stare tranquille, i venezuelani meno.

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10 commenti:

Unknown ha detto...

Il lavoro del comunista consiste nel prendere per il culo il popolo.

Anonimo ha detto...

fanno schifo entrambi, sia il manifesto che esalta il comunismo venezuelano sia il foglio che parla di capitalismo ma vive di socialismo dato che in un mercato capitalistico sarebbero entrambi chiusi dato che vivono di soldi pubblici

Anonimo ha detto...

quello che è tuo è mio, quello che è mio è mio. Eforo

Doge ha detto...

Ma chi questa? http://www.rcslibri.it/autori/geraldina-colotti/

certo che alla Samsung, Apple, Sony non dormono più di notte http://www.vtelca.gob.ve/?page_id=10

Anonimo ha detto...

ha il muso abbronzato, quasi stordito dal sole, sarà stata a capalbio con gli amici banchieri

Anonimo ha detto...

Il fatto non prende soldi pubblici

Anonimo ha detto...

anonimo delle 14.23
si parla del foglio non del fatto
ma sai leggere?

Anonimo ha detto...

Il socialismo al popolo Venezuelano è costato tantissimo... l'ipocrisia della Geraldina Colotti e tipic della cultura cattocomunista itagliota il vero cancro di un bellissimo paese rovinato da una minoranza di gente di merd...
Alessandro

Anonimo ha detto...

Alessandro concordo al 1000*1000.....

Anonimo ha detto...

certo che è inchiavabile
neanche con un flacone di viagra avrei un'erezione con lei