L'AMICO LEONARDO FACCO PRESENTA : IL SEGRETO DEL SUCCESSO DELLA SVIZZERA!
IL SEGRETO DEL SUCCESSO DELLA SVIZZERA
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LEGGI L'ARTICOLO QUA DI SEGUITO
IL SEGRETO DEL SUCCESSO DELLA SVIZZERA
In questo periodo sto studiando, con sempre maggior ammirazione, il
sistema politico ed economico svizzero. Per unire l’utile al dilettevole
ho deciso di trascorrere un paio di giorni (il 1° e il 2 giugno) a
Lugano con la mia famiglia. Qui ho parlato con un bravo economista ed
esperto fiscale ticinese, l’amico Paolo Pamini. Ho trovato inoltre un
libro ricco di utili informazioni: “Conoscere la Svizzera. Il segreto del suo successo”
dello storico François Garçon, recentemente pubblicato dall’editore
Armando Dadò di Locarno. Vorrei quindi presentare una serie di dati e di
considerazioni sui sorprendenti risultati ottenuti da questo paese
unico nel suo genere.
La Svizzera, un drago dell’economia
La Svizzera sta vivendo un periodo di grande prosperità economica,
soprattutto se confrontata con i paesi vicini. La disoccupazione, anche
tra i giovani, è praticamente inesistente. Gli stipendi nel Canton
Ticino sono mediamente il doppio di quelli italiani, mentre nella
Svizzera tedesca sono il triplo. In particolare Zurigo vanta il primo
posto al mondo per i salari più alti, davanti a New York, Tokio, Londra,
Stoccolma e Parigi (a Zurigo si guadagna il doppio rispetto alla
capitale francese). Gli svizzeri hanno di recente respinto con un
referendum il salario minimo legale, ma di fatto non esistono impieghi
pagati meno di 2000 franchi svizzeri al mese (1850 euro); il 96,3 per
cento degli svizzeri, infatti, guadagna più di questa cifra. La
tassazione è molto più bassa rispetto all’Italia e agli altri paesi
europei, però il costo della vita è più alto del 30-40 per cento, e
inoltre vi sono alcune spese obbligatorie abbastanza rilevanti, a
partire dall’assicurazione sanitaria privata. Ad ogni modo, secondo
l’Ufficio Federale di Statistica nel 2011 il reddito disponibile medio per famiglia,
una volta dedotte tutte le imposte e le assicurazioni obbligatorie, è
stato di 6750 franchi al mese, ossia 5500 euro. Rispetto al 2006 il
reddito medio mensile di ogni famiglia svizzera è cresciuto di 650
franchi (533 euro).
Come ha fatto questo paese di soli otto milioni di abitanti, stretti
in un territorio inospitale e montagnoso al 65 per cento, senza sbocchi
al mare e senza risorse naturali, a parte le acque delle sue dighe
idrauliche, a raggiungere questi risultati economici? A dispetto degli
stereotipi, la Svizzera non è soltanto un paradiso fiscale, e del resto
lo sarà sempre meno vista la progressiva abolizione del segreto
bancario. La Svizzera è prima di tutto una potenza economica,
tecnologica e scientifica. Solo il 5,6 per cento della popolazione
attiva lavora nel settore bancario e assicurativo, generando però il 15
per cento del pil, a conferma della loro forte produttività. Per il
resto la Svizzera ha una industria estremamente competitiva in molti
settori ad alto valore aggiunto, come la farmaceutica, la chimica e
l’alta tecnologia. La sua forza sono le numerosissime piccole e medie
imprese che commerciano con il mondo intero: 138.000 entità che danno
lavoro a 2,2 milioni di persone, ossia un’impresa ogni 55 abitanti. I
patetici lamenti italici o francesi contro la globalizzazione qui non
hanno attecchito. Gli svizzeri si sono inseriti con entusiasmo
nell’economia globalizzata, hanno respinto ogni tentazione protezionista
e si sono specializzati nei settori dove erano già forti, continuando a
guadagnare fette di mercato in un ambiente globale altamente
concorrenziale. All’opposto dell’Italia, la Svizzera si è
reindustrializzata proprio grazie alla globalizzazione.
Gli abitanti della Confederazione Elvetica dimostrano con i fatti che
l’inventiva e il lavoro sono la fonte della prosperità. Questi saggi e
indefessi lavoratori hanno sempre bocciato con referendum tutte le
reiterate proposte di ridurre per legge l’orario di lavoro. Nel marzo
2012 hanno respinto in maniera massiccia l’iniziativa lanciata dai
sindacati per “sei settimane di congedo per tutti”, e hanno continuato a
lavorare più degli omologhi europei. Hanno in media solo 29 giorni di
riposo all’anno contro, ad esempio, i 40 dei francesi. Inoltre, grazie a
regole del mercato del lavoro molto liberali, in Svizzera lavorano
tutti, giovani e anziani. La Svizzera conta infatti il 68 per cento di
popolazione attiva nella fascia di età tra i 55 anni e i 64 anni: un
record europeo. Secondo una recente inchiesta il 96 per cento delle
persone sopra i 55 anni si sono dichiarate soddisfatte delle loro
condizioni di lavoro.
Il segreto del successo: la concorrenza fiscale
Mentre
nell’inferno fiscale e burocratico italiano dal 2007 a oggi gli
investimenti esteri sono crollati del 58 per cento, la Svizzera continua
ad attirarli come un magnete. Il 59 per cento delle società straniere
che hanno insediato il loro quartier generale in Europa, come
Hewlett-Packard, Gillette, Procter & Gamble, Ralph Laure, Colgate
Palmolive, Cisco o General Motors, hanno scelto la Svizzera. Anche
Microsoft e Google hanno stabilito a Zurigo il loro centro di ricerca
europeo. Questo fatto fa infuriare i politici europei, che si vedono
sfuggire di mano miliardi di imposte a causa della “sleale” concorrenza
fiscale svizzera. Nel 2007 un politico socialista francese, Arnaud
Montebourg, ebbe un breve periodo di notorietà quando si lanciò in una
durissima accusa contro la “mancanza di civismo e la fuga” dei
contribuenti francesi più ricchi “nei paradisi fiscali alle porte
dell’Europa”. «Fin dove può giungere la nostra tolleranza nei confronti
della Svizzera? – tuonò Montebourg – Non sarebbe forse meglio assumere
il confronto inevitabile con questi territori, come fece il generale De
Gaulle nel 1963 quando decretò il blocco contro il Principato di Monaco,
che dovette così piegare la schiena di fronte alle esigenze fiscali
francesi?». Il giorno seguente il quotidiano Liberation uscì con questo titolo a grandi caratteri in prima pagina: “Evasione fiscale. Bisogna invadere la Svizzera?”
La risposta degli svizzeri a questo novello Robespierre è stata secca
e definitiva: «Non c’è nulla da trattare. Montebourg non conosce il
sistema fiscale elvetico». Il governo svizzero non poteva trattare su
questioni fiscali con il governo francese neanche se l’avesse voluto,
perché la Svizzera è una Confederazione nella quale ciascuno dei 26
cantoni è padrone della propria fiscalità. Non solo: all’interno di ogni
singolo cantone la competizione fiscale tra i comuni è ancor più
accanita. Al deputato francese sfuggiva inoltre un altro dato
fondamentale: la partecipazione decisiva dei contribuenti alla
determinazione dei tassi d’imposta. In Svizzera, infatti, sono i
cittadini che votano la maggior parte delle aliquote fiscali attraverso
la democrazia diretta e i referendum. Per realizzare il suo obiettivo
Montebourg avrebbe quindi dovuto fare il giro di tutti i comuni e di
tutti i cantoni elvetici, e perorare la sua richiesta di “armonizzazione
fiscale” con la Francia davanti ai cittadini riuniti per le votazioni a
Obvaldo, Nidvaldo, Glarona o Appenzello. Molto difficilmente però
sarebbe riuscito a ottenere il loro consenso, dato che, come spiega
l’economista svizzero Beat Kappeler, le istituzioni locali elvetiche
«producono un tipo particolare di politico dell’esecutivo, investito
della delicata missione di mantenere uno Stato minimale: egli è il
delegato del popolo, incaricato di sorvegliare il mostro e non certo di
renderlo potente, splendido, seducente».
Gli elvetici, infatti, non hanno nessuna intenzione di rinunciare al
loro sistema perché, come spiega l’ex ministro delle finanze della
Confederazione Hans-Rudolf Merz, la concorrenza fiscale interna è
garanzia di efficienza e di innovazione. Ogni cantone è libero di
sperimentare soluzioni inedite e poi, a seconda dei risultati, le
soluzioni migliori vengono adottate, mantenute e eventualmente imitate.
Nel 2007 il Canton Obvaldo, vero e proprio laboratorio fiscale della
Svizzera, fu il primo ad adottare una tassa piatta con aliquota
bassissima all’1,8 per cento per tutti i redditi, con esenzione totale
sotto i 10.000 franchi. Visti i buoni risultati, questa innovazione
fiscale venne copiata l’anno successivo dal Canton Turgovia.
Generalmente sono i comuni e i cantoni più depressi o svantaggiati che
giocano la carta delle riduzioni fiscali per recuperare un po’ di
terreno nei confronti dei comuni o dei cantoni più sviluppati e meglio
serviti, che possono permettersi di chiedere aliquote più alte ai propri
cittadini. Ad esempio, nel 2007 il comune di Saanen nelle Alpi bernesi
concesse degli sgravi fiscali ai residenti con un patrimonio
particolarmente elevato. Il cittadino svizzero più ricco, l’imprenditore
miliardario Ernesto Bertarelli,
proprietario di Alinghi (il team svizzero vincitore di due edizione
della Coppa America di vela), decise allora di trasferirsi lì dal Canton
Vaud, il quale subì una forte perdita di gettito. Nel 2008, bersagliato
dalla concorrenza dei cantoni vicini, anche Zurigo si piegò alla
competizione fiscale abbassando le aliquote.
Un modello per l’Europa
La Svizzera appare come un paese ben gestito, ma lo stesso non può
dirsi per molti altri paesi europei come l’Italia, la Grecia, la Spagna,
il Portogallo o la Francia, che hanno accumulato dei debiti pubblici
drammatici. Questi bilanci statali disastrati non meritano nessuna
compassione. Secondo il professor François Garçon, gli sperperi enormi
che hanno generato questi debiti sono rivelatori della mancanza di
civismo della massa di cittadini, per la loro rinuncia al dovere di
vigilanza sui propri eletti. Il popolo che scambia i propri eletti per
Babbo Natale, ironizza Garçon, viene sempre gabbato. La crisi del debito
riflette la noncuranza del popolo sovrano, incapace di prevedere le
inevitabili derive cleptomani dei propri dirigenti, e di impedirle. La
spiegazione della passività di tanti popoli europei di fronte allo
sperpero pubblico e della facilità con la quale gli eletti di
qualsivoglia colore politico li hanno raggirati risiede nel fatto che in
questo debito, in questa gigantesca depredazione, molti hanno trovato
il proprio sporco tornaconto: finti impieghi nell’amministrazione
statale, pensioni senza aver versato contributi, e così via. L’accumulo
di burocrazia parassitaria e costosa, scrive Garçon, non è la causa,
bensì il sintomo del generale putridume.
Mentre gli italiani, i greci, gli spagnoli o i francesi hanno
concesso ogni libertà ai loro eletti trasformatisi in predatori, gli
svizzeri sono stati vigilanti. Lo sono stati a maggior ragione poiché le
istituzioni di cui si sono dotati permettono loro di sorvegliare i
propri eletti e di tenerli al guinzaglio. Gli svizzeri in effetti si
sono muniti di istituzioni che consentono ai cittadini di far valere in
maniera pacifica e civile la loro voce, senza passare dalle violenze di
piazza, dai cortei che bloccano le strade, dagli scioperi continui o
dalle risse televisive. Da oltre un secolo e mezzo gli svizzeri hanno
forgiato degli strumenti politici la cui utilità specifica è quella di
ricordare agli eletti che, a differenza di quanto avviene nella pratica
di molti paesi a “democrazia rappresentativa” come l’Italia, il mandato
di cui dispongono non è assimilabile a un permesso di saccheggio
concesso per un periodo di quattro o cinque anni.
La Svizzera ci mostra quindi le virtù di un sistema basato sullo
stato leggero, la decentralizzazione nelle decisioni di spesa per
evitare gli sperperi, il federalismo concorrenziale, la sorveglianza
degli eletti, i referendum su questioni fiscali, e il diritto
d’iniziativa, che permette alla popolazione di intromettersi in ogni
momento in ciò che la riguarda, canalizzando i malcontenti e dando
responsabilità ai cittadini. I popoli europei dovrebbero trarre
importanti lezioni da questo superiore modello di organizzazione
politica.
L'AMICO LEONARDO FACCO PRESENTA : IL SEGRETO DEL SUCCESSO DELLA SVIZZERA!
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2 commenti:
non c'è che dire lasituazione è particolare
http://francescoamodeo.net/2014/06/12/il-loro-piano-sta-fallendo-benvenuti-nel-nuovo-disordine-mondiale-ora-tutto-dipende-da-noi/
le solite teorie complottiste in salsa rosa...dai..per favore...se anche fosse vero che fate ancora qua!
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