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CI SARA' ANCHE LA RIPRESA E LA BORSA POTRA' ANCHE SALIRE MA...UN VECCHIETTO DI 80 E PASSA ANNI VI DICE CHE L'ITALIA E' COMUNQUE MORTA!

Caprotti: “Com’è difficile fare impresa in Italia”. Oltre 40 anni per un permesso

Bernardo Caprotti
Bernardo Caprotti

Il fondatore di Esselunga scrive al Corriere della Sera: “Ogni giorno una giungla di norme, regole, controlli, ingiunzioni, termini, divieti che cambiano continuamente col cambiare delle leggi, dei funzionari, dei potenti. Uno slalom gigante con le porte che vengono spostate mentre scendi…”

Quarantatre anni per aprire un supermercato Esselunga a Firenze. Lettera di sfogo di Bernardo Caprotti al Corriere della Sera. L’inossidabile fondatore di Esselunga, classe 1925, scrive in risposta all’articolo Armani, Esselunga, Luxottica il presidio italiano delle imprese sottolineando le difficoltà di “un’impresa 100% italiana” che si trova a operare in “una giungla di norme, regole, controlli, ingiunzioni, termini, divieti” e, soprattutto, nel mercato “politico” della grande distribuzione. Ecco il testo della lettera:
Caro direttore,
ho letto il bell’articolo del professor Ricardo Franco Levi sul Suo giornale dell’8 settembre. Non posso che ringraziarvi per le lusinghiere espressioni usate nei riguardi di Esselunga e del sottoscritto. Tuttavia vorrei permettermi un’osservazione. Le tre aziende scelte dall’autore non costituiscono un campione appropriato. Mettere Esselunga—e dunque me— accanto ad Armani e Luxottica è azzardato. Meglio sarebbe stato scegliere Ferrero. Esselunga è una piccola azienda, piccolissima nel suo settore, è solo una multiprovinciale, non ha un centesimo di attività fuori dai confini nazionali. Ove Luxottica, coi suoi centri di produzione in Cina, i suoi 6.000 negozi sparsi nel mondo è un gigante vicino al quale noi non possiamo stare. Del pari Armani, che è un genio a livello mondiale, con investimenti grandiosi anche fuori dal suo campo d’origine. Noi dunque siamo un’azienda di qui, una multiprovinciale che neppure riesce ad insediarsi a Genova o a Modena, per non dire di Roma ove io poco, ma i nostri urbanisti si sono recati forse 2.000 volte in dodici anni nel tentativo di superare ostacoli di ogni genere, per incontrare adesso il niet del nuovo sindaco del quale si può dire soltanto che è un po’ «opinionated».
Noi, diversamente da Luxottica, Ferrero, Pirelli, Squinzi, Bombassei, Calzedonia, siamo un’impresa al 100% italiana (Pirelli, credo, italiana al 17%). E come tale un’impresa che deve difendersi dalla Pa (pubblica amministrazione) in tutte le sue forme e a tutti i suoi fantasiosi livelli ogni giorno che Dio comanda. Tassata al 60%, non più minimamente libera di scegliersi i collaboratori (la signora Fornero ha «garantito» anche i soggetti assunti in prova), Esselunga si trascina. Porta ancora avanti vecchi progetti, cose nelle quali, incredibile dictu, si era impegnata ancora al tempo delle lire. Per realizzare un punto vendita occorrono mediamente da otto a quattordici anni. Ma per Legnano ventiquattro; mentre a Firenze forse apriremo l’anno prossimo un Esselunga di là d’Arno, una iniziativa partita nel 1970! Così, ultimamente, abbiamo cancellato ogni nuovo progetto. Ecco, caro direttore, la pallida risposta di un’azienda che di problemi ne ha troppi, che si avventura ogni giorno in una giungla di norme, regole, controlli, ingiunzioni, termini, divieti che cambiano continuamente col cambiare delle leggi, dei funzionari, dei potenti.
Uno slalom gigante con le porte che vengono spostate mentre scendi. Un’azienda affondata nelle sabbie mobili italiane. Oberata da un esiziale carico fiscale atto solo a sostenere tutto ciò che nel paese è sovvenzionato. Cioè quasi tutto. Diversamente da Armani e Luxottica che hanno «creato», noi abbiamo soltanto cercato di dare un po’ di eleganza, di efficienza, di carattere ad un mestiere assai umile. A livello internazionale ciò ci è riconosciuto. Ma nel paese non siamo ben accolti. E per soprammercato facciamo un mestiere che nel nostro stranissimo paese è politico. Perché? Perché sono «politici» i due più grandi operatori nazionali. Fuori non riescono neppure a capirlo. Ma sono tante le cose che gli stranieri non possono capire di noi, di un paese che se fosse rimasto libero e normale avrebbe potuto andare chissà dove. Imprenditori straordinari fecero nel dopoguerra aziende straordinarie. Ma gli imprenditori sarebbero poi diventati tutti incapaci, a meno che non se ne fossero andati ad operare altrove. Ma noi non possiamo. Peccato non si possa dire: «hic manebimus optime».
BERNARDO CAPROTTI SU BUSINESS PEOPLE

CARO BERNARDO GRAZIE PER FAR CAPIRE AGLI ITALIANI CHE QUESTA ITALIA NON SI POTRA' MAI RIPRENDERE ..I BRAVI SE NE VANNO FUORI DAI COGLIONI E I DEBOLI RIMARRANNO QUA A PAGARE LE TASSE

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5 commenti:

Doge ha detto...

Infatti, mi sono sempre chiesto perchè esselunga non ha mai aperto punti vendita in altri stati...

Anonimo ha detto...

Anche i piccoli se ne vanno:
"Tolgo la produzione da Carugo
e vado in Svizzera per un futuro".

http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Economia/tolgo-la-produzione-da-carugo-e-vado-in-svizzera-per-un-futuro_1023336_11/

Luca, Como

Anonimo ha detto...

In compenso mettiamo a disposizione lo strizza cervelli.


Imprenditori stressati dalla crisi
Cna mette in campo uno psicologo.

http://www.corriereadriatico.it/ascolipiceno/imprenditori_stressati_dalla_crisi_cna_mette_in_campo_uno_psicologo/notizie/321699.shtml

Anonimo ha detto...

un grande il signor Caprotti,davvero un grande imprenditore.Gian

Anonimo ha detto...

Caprotti e la grande distribuzione
«Non esistono sole imprese politiche»

Francesco Pugliese, Conad, replica al presidente di Esselunga.


http://www.corriere.it/economia/13_settembre_12/conad-pugliese-replica-caprotti_e46502b8-1bc3-11e3-bb5a-be580d016df6.shtml