IL FONDO KNIGHT CI HA APPENA COMUNICATO COSA PENSA DEI RISULTATI DELL'ENI!
Dichiarazione di Knight Vinke sui risulati Eni di terzo trimestre
New York, 29 ottobre 2009.
“Knight Vinke esprime apprezzamento per i risultati Eni di terzo trimestre pubblicati
oggi, superiori alle attese. Tuttavia, notiamo che la leva finanziaria è salita dal 38% al 42% - nonostante il taglio del dividendo apportato nei mesi scorsi – e questo
mette in evidenza i vincoli finanziari cui è soggetto il Gruppo.
Riteniamo che se si procedesse ad una ristrutturazione di Eni, tutto
il debito potrebbe essere facilmente sostenuto dalla sola utility attualmente al suo
interno, liberando completamente in questo modo le attività upstream dal peso del
debito.
La ristrutturazione che abbiamo proposto non porterebbe ad una riduzione
dei posti di lavoro, diversamente da quanto avvenuto, da esempio, nei casi di Shell e
BP”.
New York, 29 ottobre 2009.
“Knight Vinke esprime apprezzamento per i risultati Eni di terzo trimestre pubblicati
oggi, superiori alle attese. Tuttavia, notiamo che la leva finanziaria è salita dal 38% al 42% - nonostante il taglio del dividendo apportato nei mesi scorsi – e questo
mette in evidenza i vincoli finanziari cui è soggetto il Gruppo.
Riteniamo che se si procedesse ad una ristrutturazione di Eni, tutto
il debito potrebbe essere facilmente sostenuto dalla sola utility attualmente al suo
interno, liberando completamente in questo modo le attività upstream dal peso del
debito.
La ristrutturazione che abbiamo proposto non porterebbe ad una riduzione
dei posti di lavoro, diversamente da quanto avvenuto, da esempio, nei casi di Shell e
BP”.
IL FONDO KNIGHT CI HA APPENA COMUNICATO COSA PENSA DEI RISULTATI DELL'ENI!
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5 commenti:
Ora ti dico anche cosa penso io del fondo Knight Vinke: Ci avete rotto le palle!
Vogliono fotterci anche l'eni.
OKKIO CHE CIT STA PER ANDARE IN BANCAROTTA (ieri 29oct coi mercati in salita ha riperso il -16% tra seduta normale e AH)...
Paolo seguiamo la situazione ...venerdi 30 c'è pure la fiducia dei consumatori Usa
CIT seen filing for bankruptcy in coming days
NEW YORK (Reuters) - CIT Group (NYSE:CIT - News) is likely to file for bankruptcy in the coming days, analysts and experts said.
The lender to small and medium-sized businesses is trying to restructure its debt, and is offering investors two options.
One path would be getting its unsecured debt holders -- who hold a total of about $30 billion -- to voluntarily exchange their bonds for new securities and equity. That path would avoid a bankruptcy filing.
The other and more likely option would be approving a reorganization plan before the company files for bankruptcy. CIT had about $70 billion of assets and $65 billion of total debt in the middle of this year, according to the latest publicly available figures.
CIT investors are entitled to vote for the exchange or the prepackaged bankruptcy by the end of Thursday. CIT spokesman Curt Ritter declined to comment.
The company has $800 million of debt due on November 1 and 3, and total liabilities as of mid-June of $64.9 billion.
Sources familiar with the matter have told Reuters that the voluntary debt exchange is unlikely to happen, and bankruptcy is much more likely.
Analysts have argued that the debt exchange was doomed from the start, because it required too many different kinds of investors with too many competing interests to comply.
"The market is by and large sending signals that a prepackaged is the most likely outcome, and it makes sense given the exchange offer," said Kevin Starke, senior analyst at boutique brokerage CRT Capital Group.
If the company files for bankruptcy, it will likely try to complete the restructuring process as quickly as possible, experts said. In general, borrowers prefer to borrow money from lenders they are confident will be around for the life of the loan.
"A business like this has to get in and out of bankruptcy fast, because if they're lingering, I would think competitors would start poaching customers," said Stephen Lubben, a law professor at Seton Hall's School of Law who focuses on corporate finance and financial distress issues.
The plan needs to win approval from investors holding two-thirds of the company's debt, and half of the number of investors.
Activist investor Carl Icahn is encouraging individual investors to vote against CIT's prepackaged bankruptcy plan. The company hopes its plan will eventually help it fund more new business out of its bank but Icahn wants the company to stop planning to make new loans and use its maturing assets to pay off its debt.
A prepackaged bankruptcy requires the approval of investors holding two-thirds of the dollar amount of every type of debt. Of the voting investors, one half by number must also approve.
Icahn has tried to rally retail investors to vote against the plan, in an effort to ensure that CIT does not get half of voting noteholders to approve the deal.
(Reporting by Dan Wilchins; Editing by Gary Hill)
Avete visto i commenti di Zibordi (quelli ultimi). Che quelli di WSI si incazzano anche con lui per essere troppo pessimista. Magari lo accusano di essere un comunista....siiii proprio lui un comunista (magari come Micheli).ahahahahaha
mamma mia come siamo ridotti
buona giornata
su eni basta fare due conti semplici,a luglio 2008 il petrolio era a 140 dollari il suo picco massimo ,detto questo andiamo a vedere il picco minimo che 'e stato a gennaio 2009 circa 30 dollari,fatto questo rapportiamo il 1° trimestre 2009 come picco minimo al trimestre dell'anno successivo quindi detto questo eni dovrebbe vistosamente migliorare con gli utili all'uscita del 1°trimestre 2010 e questo dovrebbe valere per tutto il comparto oil,spero di essere stato chiaro e comprensibile .
saluti
alex :-)
Il "Partito Americano" vuole indebolire l'ENI per i suoi rapporti energetici con la Russia.
Il gip di Milano, Mariolina Panasiti, si è riservata di decidere sulla richiesta di interdizione presentata dalla Procura di Milano nei confronti di Eni, e della controllata Saipem, dal contrattare con alcune aziende petrolifere nell’ambito dell’inchiesta su presunte tangenti pagate in Nigeria dal consorzio Tfkj per ottenere alcuni appalti.
Se il verdetto del tribunale milanese è ancora in sospeso, non ci sono invece dubbi sulle intenzioni del Partito Americano in Italia nei confronti dell’ENI.
Il fondo statunitense Knight Vinke, azionista dell’Eni, ritiene che una separazione delle attività del gas da quelle del petrolio aumenterebbe il valore del gruppo, supportato in questa curiosa tesi dal quotidiano “La Repubblica”, secondo il quale Eni “starebbe accumulando troppo potere” (sic).
Il giornale di De Benedetti informa, inoltre, che durante la tre giorni dell’Aspen Institute tenutasi a Lecce in questo fine settimana, Pierferdinando Casini e Massimo D’Alema avrebbero concordato sulla necessità di un “governo di salvezza nazionale” qualora Silvio Berlusconi riuscisse a far votare una riforma dello Stato in senso semipresidenzialista, “alla Chavez” (hanno aggiunto i due …).
Il leader dell’UDC ha anche fatto capire quale sarebbero i primi provvedimenti di questo governo anti-Berlusconi e cioè la privatizzazione totale dell’Eni, dell’Enel e di Finmeccanica, tre aziende i cui legami con la Russia si sono fatti sempre più intensi (ad essi seguirebbero probabilmente l’innalzamento dell’età pensionistica, come proposto da Mario Draghi …).
A tutte queste richieste “disinteressate” ha risposto prontamente l’amministratore delegato della compagnia con il “cane a sei zampe”, Paolo Scaroni, secondo il quale un’eventuale “spezzatino” (come proposto da Eric Knight) distruggerebbe le capacità operative del gruppo proprio nei paesi in cui Eni è il principale protagonista nell’esportazione di energia, Algeria, Libia ed Egitto.
Il Partito Americano, quindi antinazionale, non si fa scrupolo di utilizzare i burattini della colonia Italia per affermare i propri interessi; la politica geoeconomica condotta dall’Eni, con il suo supporto al gasdotto South Stream, rischia di compromettere l’accerchiamento della Russia che Washington aveva intrapreso imponendo l’allargamento della NATO ad Est.
Guardando poi a Sud, durante il Meeting delle Città del Mediterraneo, Berlusconi avrebbe affermato come quest’ultimo debba tornare ad essere “Mare Nostrum”, così da unire e non più dividere gli abitanti delle due sponde.
Sulla questione del “nucleare iraniano”, allora, si giocherà la partita decisiva per capire quanto l’attuale Governo faccia sul serio, ma è certo che i colpi di scena non mancheranno.
Stefano Vernole
www.cpeurasia.it
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