LE RADICI MONETARIE DELLE CRISI
Le crisi economiche: come difendersi
Il mondo soffre permanentemente crisi monetarie,
e talvolta la crisi è così acuta da costringere il passaggio da un sistema monetario sbagliato ad un altro. (M.Rothbard)
I sistemi monetari in vigore oggi, basati sul rapporto tra monete che in sé non hanno valore intrinseco (dollaro,euro,yen, etc) sono per loro stessa natura molto instabili. Secondo Rothbard, l'unica cosa peggiore che poteva esistere erano tassi di scambio fissi tra le monete senza valore intrinseco e l'intervento coordinato delle banche centrali per "correggere" questi rapporti quando una crisi appariva all'orizzonte.
I mercati sono fluidi e mutevoli, dunque in perenne contrasto con i tassi fissi imposti dalle banche centrali. La storia degli sforzi compiuti per mantenere fissi i rapporti tra le monete tramite accordi internazionali è costellata di fallimenti. Il potere dei governi non può nulla contro la forza dirompente del mercato.
L'ERA DI BRETTON WOODS
Il dollaro fin dalla sua nascita si è comportato come un fanciullo pestifero, insofferente alle regole del potere. L'accordo di Bretton Woods, in vigore dal 1944 al 1971, fu un sistema basato su una forma di scambi fissi tra le monete orchestrato a livello mondiale; il dollaro era definito 1/35 di oncia d'oro e tutte le altre monete avevano un tasso fisso di scambio col biglietto verde. Il dollaro era l'unica moneta che poteva essere convertita in oro, non dai cittadini statunitensi ma solo dai governi esteri.
Come ci si poteva aspettare, il governo statunitense, così come tutti gli altri governi sono portati a fare, produsse dollari (processo inflazionistico). Il quantitativo d'oro rimase ovviamente invariato, perché è facile stampare banconote, più difficile è eseguire lo stesso processo con l'oro. Inevitabilmente, mentre i governi esteri iniziarono a scambiare i loro dollari in oro, gli Stati Uniti si accorsero che i loro lingotti stavano diminuendo a vista d'occhio. Ovviamente dovettero rompere l'accordo, atto che siglò l'allora presidente Nixon nel 1971.
Il nuovo accordo (l'Accordo Smitsoniano) tra le altre cose decretò una svalutazione del dollaro dell'8%. Il tutto non fermò le ire del mercato, che, come un fiume in piena, ignorò qualsiasi opera dell'uomo per contenerlo. Nel 1973 il dollaro fu nuovamente svalutato e l'accordo stracciato. Da allora il dollaro è stato una moneta fluttuante senza valore proprio in quanto slegato al valore dell'oro.
E L'EUROPA?
Neanche l'Europa è stata capace di costruire un sistema monetario durevole usando una moneta senza valore intrinseco. I membri della comunità europea nel 1972 decisero che le loro monete dovevano essere contenute entro rapporti fissi tra loro.
Il sistema venne denominato in modo colorito: "il serpente".
La pressione del mercato distrusse l'animale strisciante senza pietà. Il passo successivo lo fecero nel 1979 con l'introduzione del Sistema Monetario Europeo nel quale le monete dei vari paesi erano collegate all'unità di riferimento detta Ecu. Anche questo sistema fallì miseramente e scomparì nel 1992. L'ultimo sistema creato, l'Euro, nacque nel 1999; è ancora relativamente giovane e anche se non esistono tabelle relative all'età media di una moneta senza valore intrinseco, la storia ha dimostrato più volte che è qualcosa di non permanente.
LA CRISI DELLA TEQUILA DEL 1994-95
I sistemi monetari basati su tassi di scambio fissi tra monete sono perfetti per alimentare le crisi economiche così come i combustibili prendono fuoco con il piccolo aiuto di un fiammifero e distruggono tutta la casa.
Prima della crisi il Messico aveva legato la sua moneta, il pesos, al dollaro permettendogli di oscillare entro un limite fisso. Il governo messicano doveva intervenire spesso sul mercato perché la moneta non uscisse dai limiti. Nel 1994 il Messico accumulò un enorme deficit commerciale indicante la possibilità che il pesos fosse sopravvalutato; inoltre enormi quantità di moneta furono create negli anni precedenti la crisi. Come accade sempre a questi sistemi il governo messicano non poté mantenere il valore del peso rispetto al dollaro nella banda di oscillazione e la banca centrale dovette svalutarlo del 13%. Dopo soli quattro mesi il peso perse il 50% del suo valore.
LA CRISI ASIATICA NEL 1997
Chi la può dimenticare? Sorse in Tailandia e si diffuse in tutto il sud-est asiatico Malesia, Indonesia, Filippine e Taiwan riducendo fortemente il valore delle monete e diffondendo instabilità su tutti i mercati mondiali e miseria tra la gente.
Prima della crisi la Tailandia aveva legato la sua moneta al dollaro. Il Thai, la sua moneta, si indebolì sui mercati e gli investitori esteri la vendettero in cambio di dollari. La banca centrale tailandese spese più di 20 miliardi di dollari per mantenere in vita il vincolo col dollaro ma alla fine dovette gettare la spugna. In cinque settimane il Thai perse più del 20% del suo valore. Gli altri paesi asiatici fecero la stessa fine.
IL LEGAME DOLLARO-YUAN
Dovrebbe essere evidente che mantenere un legame tra monete non in armonia con le forze mutevoli del mercato è la ricetta per un costoso disastro.
Per dieci anni la Cina ha mantenuto il tasso di scambio fisso col dollaro a 8,28 yuan.
Gli Usa sono grandi importatori di beni cinesi e grandi esportatori di dollari infatti nelle casse della Banca cinese arrivano ogni mese circa 10 miliardi di dollari.
Questo andamento è insostenibile. Ad un certo punto la Cina dovrà smettere di acquistare dollari con il tasso fisso attuale. Lo yuan è troppo poco valutato e la sua produzione è in atto a ritmi esplosivi: il credito in Cina è nella fase del boom.
Non è dunque un caso che il mercato immobiliare sia infiammato, così come lo è la crescita delle richieste di mutui per la casa. Le autorità cinesi non sono state in grado di mettere un freno alla produzione della loro moneta.
Rendendo lo yuan così svalutato lo hanno messo nelle condizioni di essere sovrabbondante.
Il risultante boom artificiale dell'economia cinese non è positivo per i cinesi; infatti al boom segue sempre la crisi che sembra arrivare come un fulmine a cielo sereno.
Se allo Yuan fosse consentito di oscillare liberamente ne seguirebbe un suo aumento di valore e il flusso di yuan sul mercato rallenterebbe. Per la Cina comunque potrebbe essere ormai troppo tardi; il suo governo sembra intenzionato a distruggere la propria moneta, così come sta facendo quello americano, consapevolmente oppure no.
Potete segnare il fallimento del rapporto dollaro-yuan come un altro capitolo nella lunga saga dell'inutile lotta dell'uomo per controllare il valore delle banconote. Il sogno irraggiungibile è quello di fabbricarne a volontà a costo zero e allo stesso tempo di mantenerne il potere d'acquisto nel mondo delle cose reali. Il dollaro dalla sua origine a oggi ha perso oltre il 90% del suo potere d'acquisto.
L'UNICO SISTEMA FUNZIONANTE
Un economista scrisse: " I governi non lo sanno, o non lo vogliono sapere, ma il solo sistema di scambi fissi di successo si ebbe durante l'epoca dello standard aureo". È facile capirlo; funzionò perché le unità monetarie, come il dollaro, avevano un valore fisso rispetto all'oro. L'oro deve essere estratto, non può essere creato dal nulla come le banconote.
I governi non amano l'oro perché lega loro le mani; non possono spendere liberamente poiché i debiti contratti devono essere sistemati in oro. Come giustificherebbero ai cittadini l'azzeramento delle riserve auree? I governi sanno che l'oro ha valore e le banconote no, infatti le banche non si sognano neanche lontanamente di svuotare i loro forzieri del prezioso metallo.
SQUILIBRIO MONDIALE
Le banche centrali hanno accumulato enormi riserve di dollari che fluiscono negli Stati Uniti sotto forma di investimenti (azioni, obbligazioni, etc.) per cui i debiti restano insoluti. Questi dollari hanno creato il boom sul mercato azionario statunitense e sul quello degli immobili; inoltre hanno contribuito a mantenere basso il livello dei tassi di interesse statunitensi. Tutto questo ha prodotto uno squilibrio mondiale negli investimenti che si manifesta in cicli di boom e depressione in varie regioni del globo.
Si dice che ogni bolla abbia il suo ago;
gli stranieri, soprattutto giapponesi e cinesi, hanno in mano un ago molto affilato: nelle loro casseforti giacciono ben 9 triliardi di titoli americani, più che sufficienti per decretare con la loro vendita la parola fine all'esistenza del biglietto verde.
Il dollaro è molto malato e con esso l'economia globale mentre l'oro viene accumulato silenziosamente da alcuni anni per proteggersi dalla perdita di fiducia nella capacità delle monete cartacee di mantenere il proprio valore nel tempo.
http://www.demetrainvestimenti.com/html/pagina.php?id=38
LE RADICI MONETARIE DELLE CRISI
3 commenti:
è possibile che i tassi vadano al 6%?
Quindi gli Usa sono a rischio default, oppure sono giá in default ma tutti preferiscono parlare d'altro.
Ma se come detto ogni sistema oggi non é piú legato a qualcosa di fisico, allora le regole del gioco possono essere modificate con l'accordo dei giocatori ovvero a discrezione del giocatore contrattualmente piú forte (é brutto dirlo ma é come "io porto il pallone quindi non sto in porta"). Di che parliamo allora? Pensate in termini strategici e politici: chi porta il pallone?
Quello che non leggo da nessuna parte é una risposta ad un dubbio che mi porto da anni: che succede se gli americani iniziassero a "fottersene beatamente" del resto del mondo? Niente piú interventi militari contro o schifo del gener umano, niente piú aiuti ai Paesi esteri (qualunque forse eccetto UK), niente piú carburante allo sviluppo di altri (in termini scientifici, finanziari, politici). Diciamo per 25 anni tanto cosí di autarchia.
Quanto pensate convenga a loro mandarci tutti definitivamente a fare.. ? Lo so, qualcuno dirá poco o nulla. Io so che quando gli US erano soli e hanno deciso di tirarsi su le maniche hanno normalmente sempre avuto ragione.
Nel dubbio, meglio Waschington che Pechino. Saró fesso.
General Motors ha allo studio un drastico piano di licenziamenti e sta anche valutando la possibilità di vendere buona parte dei propri marchi, come Buick, Saturn e Saab, o di ridurne la produzione. Lo scrive il Wall Street Journal che cita fonti vicine al dossier, secondo cui i nuovi licenziamenti probabilmente verranno approvati nella riunione del cda in programma all'inizio di agosto e, sempre in quell'occasione, verranno esaminate anche le varie opzioni per reperire liquidità in una fase particolarmente critica per l'economia Usa.
Nel primo semestre a casa automobilistica ha accusato un crollo delle vendite del 16% negli Stati Uniti e nei mesi scorsi erano già stati annunciati riduzioni della forza lavoro e della produzione in NordAmerica.
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