QUEL GIORNO CHE L’ITALIA FALLI’
Mercato Libero non vuole essere catastrofista ma divulgativo. Il nostro compito è quello di spiegare ai nostri lettori quello che non trovate sui giornali o nelle trasmissioni televisive. Tali notizie o analisi minerebbero la fiducia della popolazione e butterebbero benzina sul fuoco di una crisi economica che ci accompagnerà a lungo e i cui risvolti sono ancora sconosciuti.
Ma se le notizie sono cattive e le previsioni sono peggio…mettere la testa sotto terra non fa altro che procrastinare a data futura i problemi (per poi magari far saltare il sistema improvvisamente).
Mercato Libero vuole tenervi aggiornati sullo stato di crisi, vuole farvi aprire gli occhi su possibili futuri scenari che “potrebbero” mettere a repentaglio i risparmi di una vita, in quanto l’Italia potrebbe aver intrapreso una parabola discendente pericolosa. Ricordatevi che i risparmi devono essere protetti sempre e in qualsiasi modo. (per maggiori informazioni su come si possano mettere al sicuro mandate una mail a mercatiliberi@gmail.com o contattateci allo 02.26005366, la soluzione è molto semplice e poco costosa)
Ma andiamo per gradi e analizziamo i due fenomeni che in queste settimane preoccupano gli investitori:
- l’impatto del costo del petrolio sulla nostra economia
- il debito pubblico e alcune considerazioni.
IL COSTO ENERGETICO
L’Italia nel 2006 ha pagato una super bolletta energetica di 48 miliardi di euro, ovvero il 27 per cento in più rispetto agli anni passati. (solo 25 miliardi per il petrolio a cui si sommano gas e metano).
Nel 2008 il costo della sola bolletta petrolifera (ipotizzando un costo medio di 140 dollari e un cambio a 1,54 e consumi costanti) è stimato in 40 miliardi di euro, e non parliamo della bolletta energetica totale.
E’ evidente che il caro-petrolio pesa non solo sugli automobilisti e sui trasporti ma anche sulle bollette della luce, del gas e per effetto domino sui prezzi dei beni di largo consumo, spingendo all'insù il caro-vita che negli ultimi mesi si è già portato su valori record (mentre i salari non aumentano e il potere di acquisto è in picchiata).
L’aumento delle importazioni di petrolio farà aumentare il deficit commerciale con l’estero (anche perché è previsto un calo delle esportazioni dovuto al rallentamento globale).
Maggiori costi di produzione (dovuti al caro petrolio) si tradurranno in minori utili per le imprese e quindi minori introiti per il fisco che vedrà così peggiorare i conti pubblici, già messi sotto pressione dalla riduzione dell’ICI e della detassazione sugli straordinari.
Le famiglie non avranno grossi benefici dalla riduzione eventuale del costo dei mutui (anche perché il rialzo dei tassi dei prossimi mesi non farà altro che allungare ancora di più la vita residua dei mutui stessi) e gli altri benefici introdotti dal governo sono già stati mangiati dal caro vita (maggiori costi per energia e alimentari).
Il risparmio quindi NON AUMENTERA’ e la fiducia non ritornerà fra i consumatori, anzi i consumi continueranno a diminuire facendo così diminuire anche le entrate da IVA che non faranno che aggravare il contesto economico italiano in generale.
E’ ovvio che l’Italia è l’anello debole del sistema europeo grazie, in particolar modo all’imponente debito pubblico:
SAPETE COS’E’ IL DEBITO PUBBLICO?
È il valore nominale di tutte le passività lorde consolidate delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti locali e istituti previdenziali pubblici). Il debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti.
Tre sono le cose evidenti da questa definizione:
1)Mancano tutti i contratti derivati che potrebbero impattare negativamente sui conti
2)Mancano i debiti contratti da comuni, provincie e regioni (che ben sappiamo ssere esplosi in questi ultimi anni e che spesso sono fuori controllo. (il fatto che tali debiti non saranno onorati obbligherà le giunte locali a svendere assets di proprietà pubblica ai privati (vedi gestione degli acquedotti locali – con il successivo aumento dei prezzi ai contribuenti)
3)Mancano, ovviamente tutti i contratti derivati accesi, non dallo stato, ma da tutti i comuni, regioni, provincie.
Debito pubblico
2004 1.442.997
2005 1.510.926
2006 1.575.346
2007 1.596.622
2008 ???
Ma qual’è stata la remunerazione del debito pubblico nel corso del 2007?
Il 4,14%
Ma il differenziale fra il rendimento di un titolo del debito pubblico italiano e uno tedesco come si è comportato?
Ebbene, a luglio 2007 tale spread toccò un minimo a 20 basis point (ovvero, il BTP italiano rendeva “solo” 0,20% in più di quello tedesco. Solo un mese dopo, in piena crisi subprime agostana, lo spread era aumentato del 50%, passando a 0,30%.
Se poi guardiamo dove si è arrivati a marzo 2008….lo spread è quasi quadruplicato, toccando 0,75%.
Da allora la crisi finanziaria globale ha subito uno stop TEMPORANEO. Il differenziale di rendimento è sceso a 0,40%. Ma come potete notare, con il passare dei mesi tale differenziale cresce in maniera costante.
La crisi dei mercati che sta colpendo in queste settimane i mercati non farà altro che portare lo spread con il Bund A NUOVI E PREOCCUPANTI MASSIMI.
Mercato Libero vi aveva già avvisato su questa possibilità altre volte. E ora vedremo se ancora una volta avremo avuto ragione.
E’ evidente che l’ampliamento della spread ha un solo significato: Gli investitori considerano più rischioso prestare soldi allo stato italiano e pensano che la probabilità di default (e quindi di uscita dall’area euro) aumenti.
Riporto qui di seguito le parole (che risalgono a sole tre settimane fa) della Maria Cannata, direttore generale del dipartimento per la gestione del debito pubblico del ministero del Tesoro.
“L'allargamento a marzo dello spread tra Italia e Germania, arrivato per i decennali Btp/Bund a 75 pb, è da considerarsi "del tutto irrazionale, non c'erano motivi fondamentali".
Ebbene, ecco qui di seguito cosa potete trovare sul documento ufficiale “Linee guida della gestione del debito pubblico italiano” che potete trovare sul sito del Ministero del tesoro:
LIQUIDITA' DEL BTP
“La liquidità dei titoli di Stato italiani è stato un fattore che certamente ha contribuito a contenere
l’allargamento dei differenziali: se, infatti, gli investitori durante la crisi hanno innanzitutto premiato gli strumenti emessi da emittenti sovrani con più elevato merito di credito, d’altra parte essi hanno privilegiato anche quei titoli caratterizzati da elevati livelli di efficienza sul mercato secondario in termini di costi di negoziazione. La liquidità degli strumenti del debito pubblico italiano, da ascriversi sia al volume medio in circolazione di ciascun titolo, ma anche all’assetto organizzativo del mercato secondario, continua ad essere supportata dalla politica di emissione perseguita dal Tesoro, basata su un profilo di sostanziale regolarità e prevedibilità dei collocamenti sul mercato”
Ebbene. La liquidità del debito pubblico italiano è fondamentale per il mantenimento di un differenziale di rendimento basso. Ora, se vi andate a vedere i volumi negoziati del debito pubblico italiano dopo marzo vi accorgete che si sono DIMEZZATI.
La liquidità del BTP è sparita. Questo è UN IMPORTANTISSIMO segnale che indica un aumento enorme del rischio per gli investitori istituzionali.
VITA MEDIA DEL DEBITO
Ma proseguiamo: la vita media del debito pubblico italiano ha raggiunto, nel 2007, il suo apice, pari a 6,8 anni. Questo permette, in caso di rialzo improvviso dei tassi di riuscire a gestire meglio il maggiore onere finanziario da interessi. Tuttavia il trend al rialzo dei tassi stessi, fa aumentare le previsioni di uscita degli anni futuri del sistema paese.
COSTO MEDIO DEL DEBITO
Inoltre il costo medio ponderato delle emissioni 2007 (grafico 7) ha raggiunto il 4,14%, un dato in crescita rispetto al 2006 (3,34%) a causa dell’aumento generalizzato dei tassi di interesse di mercato dei primi sette mesi del 2007.
Nel corso dei primi 6 mesi del 2008 non abbiamo assistito ad aumenti importanti del tasso d’interesse e quindi di un maggiore costo per interessi, tuttavia i futuri aumenti (dopo le parole di Trichet, porteranno a nuovi e preoccupanti costi aggiuntivi che peseranno sulle tasche vuote di un’Italia sempre più malata e povera.
Passiamo ad un altro argomento ostico: Il rischio interesse:
Nel 2007 il costo medio ponderato da interessi è passato dal 3,32% del 2006 al 4,14% del 2007.
Il costo per interessi è però aumentato dal 2006 al 2007 da 68 miliardi a 76, con un aumento di oltre il 12%. Quindi, quando nella relazione ufficiale sul debito pubblico leggiamo:
RISCHIO SHOCK DA INTERESSI
“Le stime relative all’impatto sulla spesa per interessi di shock inattesi dei tassi di interesse forniscono una buona indicazione dell’esposizione al rischio di interesse. Come evidenziato nell’Aggiornamento del Programma di Stabilità dell’Italia di dicembre 2007, grazie all’attuale composizione del debito pubblico, il rischio di esposizione alle fluttuazioni dei tassi risulta limitato e in una certa misura ridotto rispetto al passato. Infatti, anche nell’ipotesi di un aumento istantaneo e permanente di un punto percentuale della curva dei rendimenti, l’impatto sulla spesa per interessi in rapporto al PIL sarebbe pari a 0,16 % nel 2008, 0,30 % nel 2009, 0,37 % nel 2010, 0,43 % nel 2011, mentre l’incremento dei tassi, al 30 novembre 2007, si trasferirebbe interamente sul costo del debito dopo circa 5,60 anni (nello scorso Aggiornamento tale dato era pari a 5,56 anni). Tale analisi conferma una continuità nella riduzione della sensitività della spesa per interessi ai tassi, soprattutto nel medio periodo”.
Non riusciamo a capire (e vi assicuro che tutti non lo capiscono) come nel 2007 il costo per interessi sia passato 68 a 76 miliardi. E ci domandiamo quale potrà essere l’impatto nel caso la BCE continuasse ad aumentare i tassi e nel caso il differenziale di rendimento BUND/BTP salisse a 100 bps (1%).
RISCHIO DERIVATI
Per non parlare infine del rischio derivati. Il Tesoro ne fa largo uso affermando che servono per stabilizzare i flussi di cassa da interessi evitando shock da tasso. Tuttavia sembra che sia accaduto l’opposto. Infatti i derivati hanno permesso un risparmio sul debito pubblico negli anni che i tassi d’interesse diminuivano, mentre lo scorso anno, con tassi in salita si è verificato uno scostamento negativo (e quindi un costo da derivati) di oltre 600 milioni.
Ma il tesoro si nasconde sotto un No Cooment. E’ evidente che gli istituzionali hanno annusato questa alea di mistero e come anche i bambini imparano a scuola…dove c’è mistero e omertà c’è più rischio…e il premio al rischio si paga…
I mercati mondiali del debito, delle materie prime, degli immobili e delle borse azionarie sono in profonda e rapida evoluzione. La nostra Italietta naviga a vista….Possibili scogli possono in ogni momento creare una falla allo scafo Italia..con conseguenze “titaniche”.
Speriamo che le cose migliorino presto.
Uno dei tanti ottimisti? Angelo Drusiani, noto gestore milanese. In una recente intervista ha detto che scommette su una discesa dello spread con Bund in autunno. Beato il suo ottimismo…
QUEL GIORNO CHE L’ITALIA FALLI’
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3 commenti:
SALVE
Articolo molto interessante sono daccordo su tutto, io o scommesso un caffe che l'italia fallisce nel 2011,e dai primi provedimenti del nuovo governo gia sento il profumo.
Profumo di caffè o scommessa con Profumo di unicredito?
Perchè dopo questo articolo non ne scrivete uno sul signoraggio ?
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