ECONOMIA IN RECESSIONE? NON CI CREDETE: RISPONDETE A 5 DOMANDE!
Caro lettore rifletti bene sulle domande che ti sto per fare:
Poi vedremo di trarre insieme le conseguenze:
Domanda 1
Il tuo stipendio di quanto è aumentato negli ultimi 12 mesi?
Domanda 2
Il prezzo di benzina, gasolio, alimentari, mutuo di quanto è salito negli ultimi 12 mesi (traduciamo in: di quanto è cresciuta l'inflazione sui beni di prima necessità?)
Domanda 3
Il valore delle tue proprietà immobiliari (al netto delle tasse e delle spese che hai pagato) è aumentato o sceso negli ultimi 12 mesi
Domanda 4
Il valore dei tuoi investimenti finanziari di quanto è cresciuto negli ultimi 12 mesi?
e Infine Domanda 5
Il tuo risparmio medio è aumentato o sceso negli ultimi 12 mesi? Oppure: hai eroso il tuo capitale o le tue rendite negli ultimi 12 mesi per mantenere il tuo livello di vita?
Sono sicuro che le risposte per almeno il 95% dei nostri lettori conducono a una sola
NEGLI ULTIMI 12 MESI LA MIA FAMIGLIA SI E' IMPOVERITA!!!
E allora ti domando:
Cosa pensi di fare? Come reagirai a questa situazione?
Alcuni penseranno di lavorare di più. altri spereranno che le cose cambino da sole, altri forse penseranno a cambiare nazione. C'è un solo dato di fatto inconfutabile:
La maggior parte degli italiani ridurrà i consumi. Il processo d'impoverimento è irreversibile e solo le generazioni future potranno invertire il trend.
Se poi pensi che il 70% del Pil italiano è dato dai consumi...ben puoi immaginare l'impatto sull'economia e sulle finanze pubbliche.
Alcuni non ci credono e rispondono che il PIL è salito dello 0,4% nell'ultimo trimestre in italia (comunque a un tasso molto più basso che in Eurolandia)
Quindi tutto bene?
Ma neanche per idea. Voi sapete come si calcola il PIL? Ebbene, il solo aumento dei prezzi fa aumentare il PIL.
Nel passato (anni 70) il Pil cresceva insiema all'aumento dei prezzi....i prezzi salivano...ma salivano gli stipendi, il valore delle case, gli assets in borsa...
Oggi salgono solo i prezzi dei beni di prima necessità: benzina, latte, pane, grano ecc ecc. Le case scendono di valore (per non parlare delle tasse e spese sugli immobili). Le attività finanziarie non generano ricchezza. I salari sono bloccati.
Ma l'inflazione sale e distrugge la ricchezza dell'individuo.
Siamo in una situazione peggio di quella del 1929 ma il sistema la nasconde brillantemente. Il gasolio sale a prezzi record ma i giornali e i media ne danno notizia ma senza troppa enfasi.
Ai media in generale (e i politici) è vietato spaventare la gente (altrimenti non consumano più e allora è finita la festa.
Negli anni 70 la soluzione al cari petrolio erano le domeniche a piedi. oggi le domeniche a piedi farebbero crollare i consumi e allora lasciamo perdere. E infatti anche le domeniche a piedi per non far salire lo smog sono sparite...ma non è certo sparito lo smog.
E' l'effetto della socializzazione delle perdite del sistema bancario voluta dalla BCE, FED e BOE. Per inglesi e americani si deve mettere anche in conto la svalutazione delle loro monete verso l'Euro.
Ma per gli europei è solo questione di tempo. Forse in USA e in gran bretagna le cose miglioreranno, grazie a queste cure da cavallo, ma non in Europa.
Gli utili delle aziende crolleranno fino a quando la BCE non sarà costretta ad abbassare i tassi d'interesse e l'Euro comincerà a predere valore.
Ricordatevi che la fed aveva una scelta. far fallire il sistema finanziario o tagliare i tassi, immettere altre tonnellate di liquidità. Avendo scelto la seconda soluzione ha creato un enorme inflazione (inflazione negativa, in quanto in presenza di bassa crescita).
Qusta inflazione con bassa crescita favorisce i fruitori della liquidità a monte della catena e distrugge valore e ricchezza alla classe media.
QUI DI SEGUITO TROVATE UN BELLISSIMO ARTICOLO DI LUIGI DE SOCIO che vi racconta questo meccanismo. E' lungo ma merita di essere letto. Vi spiega come le mani forti STANNO FREGANDO LA CLASSE MEDIO BORGHESE RUBANDO OGNI GIORNO CENTINAIA DI MILIONI DI EURO DI RICCHEZZA.
Ma ricordatevi...il sistema non ha risorse illimitate, i nodi verrano ben presto al pettine e per l'Europa saran dolori. E l'Italia vedrà aumentare il rischio di uscita dall'euro.
ARTICOLO DI LUIGI DE SOCIO:
Cari letttori, mi cimento in una disamina della situazione macroeconomica alla luce dell’evoluzione della situazione economica e finanziaria.
Possiamo dare ormai per certo che il 2008 sarà un po’ ovunque l’anno della non-crescita dell’economia reale, nonché anche un anno particolarmente importante sotto l’aspetto degli equilibri valutari, con l’ombra immanente della recessione Usa a smorzare, almeno nei prossimi mesi, i facili entusiasmi (in chi ancora avesse voglia di entusiasmarsi…). Ma la non-crescita, di per sé, non è che uno dei gravi problemi che attanagliano il sistema globale presentando sia ai Paesi industrializzati che a quelli emergenti il conto salato degli squilibri e degli eccessi generatisi negli ultimi anni.
Sul fronte più strettamente finanziario osserviamo l’intestardirsi della Banca Centrale statunitense nel perseguire (invano) la crescita economica e nel tentare di alleviare la morsa del “credit crunch” ricorrendo a manovre di politica monetaria, mentre nel Vecchio Continente la Bce continua a preoccuparsi (non a torto) delle crescenti pressioni inflattive mantenendo inalterati i tassi, anzi facendo intravedere la possibilità di innalzarli ulteriormente. Personalmente sono stato e continuo ad essere fortemente critico sia nei confronti della Fed che della Bce, concedendo alla Fed l’attenuante che per lo meno negli Usa la Banca Centrale e il governo hanno concertato un intervento in parallelo che include anche una manovra fiscale, mentre in Europa non solo la Bce non si preoccupa delle conseguenze nefaste degli alti tassi sulla crescita economica, ma i governi dei paesi europei non hanno in programma alcun intervento di rilievoteso ad alleviare la pressione fiscale. La Fed, dal canto suo, con il forte taglio dei tassi operato negli ultimi mesi e con le incessanti iniezioni di liquidità nel sistema finanziario, sta creando le premesse per un ulteriore aumento degli squilibri già in essere, favorendo
i “primi prenditori” della moneta messa in circolazione (banche, istituti finanziari) con benefici praticamente nulli per la base del sistema economico e finanziario, costituita dalla gente comune.
Come se non bastasse, i tassi interbancari si mantengono altissimi, vuoi per il fatto che le ricorrenti iniezioni di liquidità stanno creando nelle banche l’abitudine ad attendere l’intervento di “mamma Fed”, vuoi anche per la persistente mancanza di fiducia (a ragion veduta) delle banche nel prestarsi denaro tra di loro.
E a quanto pare, la Fed non si sta nemmeno ponendo il problema di “come” le banche stiano usando le ingenti somme a loro prestate mediante le aste Taf. Sembra infatti che le banche stiano usando tali somme in maniera non del tutto ortodossa, spinte dall’urgenza di migliorare la propria situazione contabile e finanziaria. E’ inutile dire, inoltre che gli inviti rivolti alle istituzioni bancarie e finanziarie affinche si autoregolamentassero continuano a rimanere “vox clamantis in deserto”. Ma se le misure adottate dalla Fed sono da considerarsi riprovevoli sotto alcuni aspetti, ben più gravi sono a mio avviso le colpe della Bce, alla quale accollo anche indirettamente gravi responsabilità in merito alla debolezza del dollaro contro l’Euro.
Alla Fed infatti non si possono e non si devono chiedere ulteriori tagli del costo del denaro, che sarebbero davvero catastrofici sotto ogni aspetto. La Bce, invece, intimorita dal fantasma della iperinflazione (o almeno questa è la loro motivazione ufficiale), anzi per meglio dire intimorita dagli eventuali effetti “second round” della pressione inflattiva (quelli “first round” sono infatti già una realtà amaramente evidente) si ostina nella sua politica restrittiva provocando il persistere della debolezza della divisa Usa con effetto negativo sull’intera economia europea. I timori della Bce sono senza dubbio giustificati, tuttavia non mi sembrano sufficienti a giustificare un differenziale di tassi tra la zona Euro e gli Usa tali da mantenere pesante la pressione sul dollaro e praticamente nulla la crescita dell’economia europea. In fondo, gli effetti “second round” tanto temuti dalla Bce sono anch’essi già reali, e di entità tale da poter gettare nella recessione anche l’economia europea in mancanza di adeguate manovre fiscali da parte dei governi del vecchio continente.
Le pressioni ingenti dell’aumento dei costi energetici, dei prodotti alimentari e delle materie prime, unite all’alto costo del denaro e al praticamente nullo aumento dei salari, stringono il consumatore e la piccola e media azienda europea in una morsa insostenibile, destrutturando le aziende e portando i consumatori ad un livello di indebitamento senza precedenti. Tra l’altro, gli analisti ed economisti sono unanimi nell’imputare l’impennata dei prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari alla speculazione finanziaria dovuta alla nascita di derivati sulle commodities, e ciò non ha alcun legame con il livello attuale o futuro dei tassi in Europa.
Forse sarebbe bene che la Bce prendesse atto che l’inflazione, in Europa, è una variabile “strutturalmente” diversa dall’inflazione negli Usa o in Giappone, senza contare poi che esiste anche un’inflazione “importata”, assolutamente non legata al livello dei tassi europei. Prepariamoci quindi, noi europei, a patire le conseguenze dell’inflazione insieme alla sofferenza di una politica monetaria restrittiva della Bce.
Agli squilibri già in essere negli scorsi mesi, poi, va aggiungendosene uno ulteriore, costituito dal paradosso dell’ulteriore restringimento delle condizioni del credito operato dalle banche e dalle finanziarie, assolutamente in contraddizione (negli Usa) con le recenti manovre di politica monetaria. Per i consumatori, il beneficio dei tagli operati dalla Fed è praticamente nullo, in quanto i tassi praticati dalle banche e finanziarie ai comuni mortali erano e restano gravosi al limite dell’insostenibilità.
Il collo di bottiglia del credito al consumo, sempre più gravoso e difficile, oltre che aumentare la sperequazione tra individui comuni e la casta degli “eletti”, dovrebbe teoricamente tradursi in un aumento di difficoltà per il sistema bancario, data la crescente difficoltà ad espandersi in termini quantitativi. Tuttavia è importante notare come il sistema bancario e finanziario sia profondamente cambiato negli ultimi anni, passando da un modello di banca tradizionale, basato sui due canali principali della raccolta fondi e del business dei prestiti, ad un modello basato sulle speculazioni finanziarie e sul conseguimento dei risultati operando prettamente nel sistema finanziario.
Nei decenni passati, la forza dell’economia Usa, unita ad una sostanziale stabilità del dollaro rispetto alle principali valute, ha attratto continui e rilevanti flussi di capitali verso l’economia a stelle e strisce. Tali flussi e investimenti (che sono di natura finanziaria) hanno garantito all’economia americana una crescita continua e costante dando all’economia Usa la connotazione di un sistema economico “di consumo”. L’alta propensione al consumo degli statunitensi, unita all’alto livello dei loro salari, ha richiamato beni e servizi anche dal Vecchio Continente e dall’Asia, creando una vera e propria “corrente del Golfo” in grado di creare crescita economica reale in tutti i Paesi industrializzati, nel Medio Oriente (vedi petrolio) e ultimamente anche nei Paesi emergenti (vedi esportazioni della Cina verso gli Usa). E’ tuttavia ben noto ai climatologi che un arresto della corrente del Golfo indurrebbe un cambio climatico globale, con conseguenze catastrofiche in tutto il pianeta. E la rottura del meccanismo qui sopra esposto, in un certo senso, si può paragonare all’arresto della corrente del Golfo, con conseguenze pesanti per l’Europa, per l’Asia e per gli stessi Usa.
Ripeto ancora una volta, a mio avviso le maggiori responsabilità dell’incepparsi di questo meccanismo vanno ricercate nella ostinazione della Bce nel mantenere un differenziale eccessivo di tassi tra la zona Euro e gli Stati Uniti. Infatti la debolezza del dollaro, di cui la Bce non è ovviamente l’unica responsabile, ma sicuramente una dei maggiori, ha tolto all’economia Usa la sua connotazione di economia “di consumo”, senza peraltro lasciare il posto ad una alternativa vera che possa generare un circolo virtuoso a beneficio delle principali economie del pianeta. Infatti i flussi di capitali che vertono in direzione dell’Europa, così come anche della Cina e dell’India, non si stanno traducendo in crescita dell’economia reale. In parole semplici, sono rimasti “intrappolati” nel sistema finanziario, non passano dal sistema finanziario a quello economico (a causa dell’alto costo del denaro, ma anche a causa di altri fattori, come la inadeguatezza, gravosità e rigidità del sistema bancario europeo rispetto alle esigenze del mondo economico). E’ evidentemente prioritario ed urgente che si ristabilisca l’osmosi tra il mondo finanziario e quello economico per permettere che la liquidità inizi a creare crescita nell’economia reale.
Guardando al nuovo equilibrio dei cambi, si dovrebbe supporre che l’Europa e/o la Cina dovrebbero nei prossimi decenni ricoprire il ruolo fino ad ora svolto dall’economia Usa, ma ciò, alla luce dei fatti, non è possibile per diversi fattori: 1) La minore produttività e flessibilità del sistema economico e del mercato del lavoro in Europa;
2) Minore dimensione e grado di strutturazione del sistema finanziario europeo;
3) Mancanza di osmosi tra sistema finanziario ed economico;
4) Pervicacia della Bce nel mantenere alti i tassi di interesse;
5) Alta costosità del credito al consumo e dei mutui in Europa;
6) Obsolescenza e inefficienza del sistema bancario europeo;
7) Impossibilità strutturale, almeno nel breve termine, per il sistema economico europeo di convertirsi da sistema di trasformazione/esportazione a sistema di importazione e consumo;
8) Minore propensione al consumo in Europa;
9) Potere di acquisto del consumatore relativamente basso;
10) (last but not the least) Presenza schiacciante rigida e inadeguata della politica nel mondo economico, con politiche fiscali vessatorie e non flessibili, né tantomeno lungimiranti.
Alcuni di questi fattori, ed altri che qui non menziono (di tipo culturale, sociale e religioso) sono presenti nel sistema economico cinese ed indiano, e di fatto impediscono a priori che nel breve termine la Cina o l’India possano ricoprire il ruolo sinora svolto dall’economia Usa.
Tra l’altro la separazione creatasi tra mondo finanziario ed economia reale mantiene alti gli squilibri esistenti, e dei quali i mercati finanziari sono lo specchio fedele, essendo essi uno dei punti di incontro tra il mondo finanziario e quello economico. Né tantomeno può essere d’aiuto il processo di “finanziarizzazione” subito dalle grandi aziende, le quali già da tempo stanno prediligendo maquillages e obbiettivi finanziari alla ottimizzazione del loro funzionamento nel senso tradizionale del termine.
Nel mondo dell’economia reale, la “recessione occulta” in atto negli Usa e la stagnazione delle altre economie principali è destinata a durare a lungo alla luce di un aspetto sempre più evidente: negli ultimi anni l’economia globale aveva continuato a crescere a rimorchio della crescita Usa (finanziata con la smodata emissione di debito) e della crescita esponenziale delle economie di Paesi quali la Cina e l’India. Tuttavia ora l’inflazione in aumento in questi Paesi sta riducendo sostanzialmente la loro crescita reale, senza contare che l’aumento di ricchezza di questi Paesi, tradizionalmente esportatori, si traduce essenzialmente in un aumento del consumo interno, senza quindi apportare benefici rilevanti alle aziende europee ed americane. Notiamo inoltre che i beni esportati dai Paesi emergenti sono quasi interamente prodotti standardizzati a basso costo, che nella attuale situazione di impoverimento del consumatore medio europeo ed americano vengono domandati in quantità maggiori, con il risultato di generare pressioni rialziste sulle monete dei Paesi emergenti senza però apportare beneficio rilevante alle aziende che li producono. Il cerchio si chiude con ulteriori pressioni al ribasso sulla moneta Usa che favoriscono il perdurare della attuale situazione di stagnazione.
Forse le mie considerazioni sono state eterogenee e un tantino dispersive, ma in ultima analisi vediamo come il problema dei mutui negli Usa e quello della crisi del credito non debbano essere visti come problemi a sé stanti, e non debbano essere tacciati come l’unica causa degli squilibri e problemi dell’economia globale al momento attuale. Piuttosto, sembrano essere solo eventi che hanno messo in luce dinamiche e problemi più complessi, fenomeni e processi che si intersecano e che producono a loro volta conseguenze globali.
La mia conclusione, che può apparire semplicistica e banale (sarete voi a deciderlo se lo è), è che l’Europa, non sappiamo se e quanto volutamente, si trova nell’impossibilità di ricoprire il ruolo sinora svolto dall’economia Usa, e che quindi l’unica via d’uscita dall’attuale situazione di impasse sembra essere una politica monetaria espansiva supportata da politiche fiscali adeguate, che, con buona pace dei timori di maggiori pressioni inflattive, riporterebbe l’equilibrio valutario Eur/Usd a valori più realistici, e permetterebbe alla “corrente del Golfo” dei flussi finanziari di ripartire in direzione degli Usa, con effetti benefici sia per l’economia europea che per quelle di Giappone, Cina ed India. Consideriamo poi che una ripartenza dell’economia americana inizierebbe a restituire all’enorme debito Usa un minimo di credibilità, e consentirebbe la fissazione del tanto sospirato “bottom” dei valori immobiliari, con conseguente risalita degli stessi, che a sua volta allevierebbe non poco la crisi del credito disinnescando le mine vaganti dei prodotti strutturati legati ai mutui e prestiti, di cui il sistema finanziario globale è ancora intriso.
Diciamolo chiaramente, l’Europa ha avuto tutto il tempo necessario per crescere e diventare un contraltare economico e finanziario degno di controbilanciare l’economia americana, ma ha perso treni su treni, decenni su decenni, invischiata nella collusione tra finanza e politica, rimandando alle calende greche problemi quali quello del fabbisogno energetico, quello della trasparenza e regolamentazione bancaria, la flessibilità del mercato del lavoro, l’aumento della produttività, l’internazionalizzazione delle aziende, la modernizzazione e ottimizzazione dei carrozzoni pubblici,e mille altri ancora. Se quindi noi europei vogliamo tornare a vivere in maniera almeno decente la nostra vita “europea”, dobbiamo fare il possibile affinchè l’economia Usa torni ad essere uno dei nostri clienti principali, se non il più importante. Almeno fino a quando non apparirà all’orizzonte una “corrente alternativa” che garantisca la crescita globale.
ECONOMIA IN RECESSIONE? NON CI CREDETE: RISPONDETE A 5 DOMANDE!
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6 commenti:
Non mi pare corretta la tua affermazione "Voi sapete come si calcola il PIL? Ebbene, il solo aumento dei prezzi fa aumentare il PIL". L'Istat utilizza dei deflattori per tenere conto dell'aumento dei prezzi, come spiegato del resto sul sito:http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/stimapil/20080523_00/
Nel sito puoi vedere come i valori a prezzi correnti sono ben diversi dai valori a prezzi concatenati.
Cosa diversa è contestare la validità del deflattore, ma qui andiamo sul tecnico.
Luigi
Certo Luigi hai ragione.
Ma una domanda...secondo te, l'aumento del costo dei beni di prima necessità del 10% con un inflazione al 3% (alimentari ed energia) non porta a un aumento del PIL anche se deflazionato?
io sostengo di si. Grazie dell'appunto.
buongiorno a tutti,
ma davvero crediamo che l'inflazione reale, in italia, sia solo al 3% ??? diciamolo francamente che con l'introduzione dell'euro le nostre entrate sono rimaste ancorate al vecchio conio ma le spese si son subito raddoppiate, di fatto una quota 90 che ha dimezzato, di colpo, i nostri risparmi.
questa nuova economia del 21° secolo è a uso e consumo delle grandi multinazionali che usano manovalanza a bassissimo costo per produrre beni di consumo a prezzi irrisori per poi rivenderli nel mondo occidentale con ricarichi paurosi. una bella scarpina nike che costa, all'origine, 5 euro a noi vien fatta pagare 150 euro.
i vantaggi della globalizzazione vanno a pochissimi soggetti economici mentre la stragrande maggioranza è depredata delle proprie risorse. domenica scorsa a report è andata in onda inchiesta sul lavoro nero dei cinesi in italia, ebbene, prove alla mano, una borsa di pelle intrecciata di Bottega Veneta venduta al dettaglio a 3.000 euro costa, grazie agli schiavi cinesi residenti in italia, solo 100 euro.
e l'europa che fa? anzichè aiutare la nostra economia la distrugge, giorno per giorno. dieci anni fa decisero di distruggere l'agricoltura europea; dal frumento al latte, dai suini al prosciutto, dal vino alla frutta..e, 2 anni fa, anche il settore bieticolo. ora lo zucchero costa solo 0,80 cents al kg...occhio a dove sarà tra un paio d'anni.
ciao
Il grattacielo della General Motors, nel centro di Manhattan, e' stato venduto al prezzo record di 2,9 miliardi di dollari. L'edificio, all'angolo della 59/ma strada e della Quinta avenue, di fronte al Plaza (proprio dove inizia Central Park) e' in marmo bianco. E' stato venduto dal gruppo immobiliare Macklowe, in grosse difficolta' finanziarie, a Mortimer Zuckerman, proprietario del tabloid 'Daily News', in alleanza con la Goldman Sachs e i governi di Qatar e Kuwait.
Per rispondere alla tua domanda credo che dovremmo aspettare qualche mese, visto che si tratta solo di una stima preliminare e non vengono dati i dettagli di ogni singola voce. Visto anche i risultati preliminari in germania (+2,6%, vedi articolo sole 24 ore di oggi), penso che cmq l'industria e le esportazioni abbiano tenuto fino ad ora, spinte dalla domanda dei paesi emergenti e di quei paesi che godono del boom delle commodities (Russia, Paesi petroliferi, Cina etc.).
Questo non significa che il resto dell'anno continuerà così o che ci sia da esultare per un risultato che rimane modesto. I problemi sono chiaramenti illustrati nell'articolo interessante di De Socio, di cui condivido alcuni punti dell'analisi, ma non la soluzione che prospetta.
Mi sembra che De Socio sottostimi i processi di cambiamento strutturale del sistema economico-politico che sono in atto da qualche anno, che stanno ponendo fine al breve periodo unipolare seguito alla caduta dell’URSS. Russia, Cina e il resto dei paesi emergenti stanno cambiando i parametri entro cui i ragionamenti politici ed economici sono svolti.
Ritengo abbastanza improbabile una soluzione del tipo “business as usual”, in cui gli Stati Uniti ritornino ad essere la locomotiva unica del sistema dietro ai quali gli altri si accoderanno, la crisi dei mutui subprime e il costo crescente dell’energia hanno probabilmente seppellito per sempre quel tipo di sistema.
Per uscire dalla crisi strutturale che stiamo attraversando è necessario un nuovo accordo multilaterale sul tipo di Bretton Woods, che tenga conto dei nuovi rapporti di equilibrio e di forza e dei problemi strutturali che dovremo affrontare in futuro (materie prime, energia, cambiamenti climatici etc..). Altri tipi di soluzione, a mio parere, non faranno altro che posticipare di qualche anno la crisi del sistema.
Per quanto riguarda l'Europa, mi pare che Tremonti (uno dei pochi ad aver capito con anticipo la profondità dei cambiamenti causati dalla globalizzazione) abbia proposto una possibile via per sfruttare a nostro vantaggio la forza dell’Euro, che è quella di finanziare gli investimenti in grandi progetti infrasturali emettendo titoli di debito pubblico europeo. Questa mi sembra una prima risposta concreta alle questioni sollevate nell’articolo di De Socio.
Luigi
Bravissimo Luigi.
Sei realista. E la soluzione di lungo periodo l'hai ben evidenziata. credo però che nel breve (2008) ci sia da soffrire sui mercati azionari mondiali.
Le economie orientali e brasiliani stanno solo ora accorgendosi che l'energia costa sempre di più (vedi quello che è successo venerdì in Indonesia). il rallentamento della economia americana è in atto. A seguire stiamo assistendo al rallentamento delle economie emergenti e della stessa europa.
La soluzione di un aumento del debito per le grandi opere infrastrutturali è un'ipotesi....ma il livello del debito italiano è insostenibile. quindi la tua soluzione andrebbe bene per mezza europa...l'altra rischia di affogare.
Il debito europeo...è in parte anche debito italiano..in parti proporzionali No?
saluti
paolo
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