BITCOIN ! ARTICOLO DA STAMPARE E IMPARARE A MEMORIA
Bitcoin, volatilità e il futuro della Moneta
Questo
articolo sviscera tematiche complesse sfruttando esempi estremamente
semplici, partendo da un’analisi del problema della volatilità del
Bitcoin, per concludere in una definizione di quella che può essere la
soluzione ultima al problema ormai millenario dell’economia monetaria.
Alla domanda “quale è il futuro della moneta?” si offre una risposta
mettendo al vaglio diversi possibili regimi monetari, fra cui il
Bitcoin, l’ “Hayek money” proposto da Ferdinando Ametrano, e sistemi che
separano il mezzo di scambio dall’unità di conto (pagamenti in
criptovaluta con numerari dettati da un indice dei prezzi).
IL BITCOIN, MONETA IMPERFETTA
Data
l’elevata volatilità del prezzo, secondo alcuni paladini della
criptomoneta stessa, il Bitcoin sarebbe imperfetto, poiché inadatto a
soddisfare tutti i requisiti che una moneta propriamente intesa dovrebbe
possedere (richiamando Friedrich von Hayek, 1976):
– Moneta come mezzo di scambio
– Moneta come riserva di valore
– Moneta come unità di conto
– Moneta come dilazione dei pagamenti
al giorno d’oggi solo la prima delle caratteristiche trova un buon
riscontro nel Bitcoin, almeno finché non si supereranno le 6-7
transazioni al secondo (in quel caso sarà richiesta una fork per
adattare il protocollo). La seconda caratteristica trova riscontro sotto
l’assunto che il prezzo nel medio-lungo periodo sia stabile o continui a
crescere. In ogni caso, le caratteristiche 3 e 4, non meno
fondamentali, rimangono una chimera per via della volatilità.Molti
affermano che anche queste due caratteristiche saranno soddisfatte nel
momento in cui la capitalizzazione di mercato del bitcoin avrà raggiunto
livelli molto elevati e quando l’ownership sarà molto più diffusa (oggi
gli early adopters sono in grado di far precipitare il prezzo vendendo
sul mercato enormi quantità in un istante). Il processo verso una
maggiore capitalizzazione e una minore concentrazione sta avvenendo
spontaneamente e costantemente, tuttavia secondo alcuni autori, come
Ferdinando Ametrano in Hayek Money,
non sarà affatto sufficiente. Infatti il Bitcoin, per le
caratteristiche intrinseche alla sua tecnologia, continuerà
inesorabilmente ad apprezzarsi, quindi non potrà mai fungere da unità di
conto. Essendo infatti l’offerta rigida e la quantità limitata a 21
milioni, non è possibile aggiustare la quantità in circolazione a
seconda della domanda. Se anche in tutto il mondo si adottasse il
Bitcoin come valuta, l’aspettativa rimarrebbe che, ipotizzando nel tempo
un costante aumento della popolazione e un aumento della produzione (di
beni e servizi), il mezzo di scambio utilizzato (il Bitcoin) sia sempre
più domandato, almeno nel medio-lungo periodo, e dato che l’offerta è
rigida, destinato ad apprezzarsi.
Questi
concetti sono elementari e si possono spiegare facilmente a chiunque con
il seguente esempio: ipotizziamo di vivere su un pianeta con un’unica
moneta, il bitcoin, e 2 soli beni, le mucche e le pelliccie di castoro.
Assumiamo che 1 btc compri 1 mucca oppure 1 pellicia. È possibile quindi
rappresentare i valori (prezzi) relativi dei beni come 1 btc = 1 mucca =
1 pelliccia. Se un virus scatenasse un’epidemia di castori, le
pelliccie saranno più rare, più richieste e il prezzo si alzerà,
portando i valori relativi a: 1 btc = 1 mucca = 0,5 pelliccie; il che è
equivalente a dire che 1 pelliccia sarà scambiabile con 2btc oppure
2mucche. Le pelliccie varranno dunque più di prima, rispetto a mucche e
bitcoin. Nel medio-lungo periodo, attutito l’effetto di virus o altre
contingenze, possiamo ragionevolmente assumere che la crescita
demografica (o tecnologica) porti naturalmente ad un’espansione di
allevamenti di mucche e castori, di conseguenza a un aumento della
quantità di mucche e pellicce che vengono scambiate sul mercato,
rispetto alla quantità di moneta utilizzata come mezzo di scambio,
facendo sì che quest’ultima si apprezzi costantemente per un aumento
della domanda.
LA MONETA FIAT COME UNITÀ DI CONTO
Affinché
la moneta sia una buona unità di conto le banche centrali aggiustano la
quantità offerta alla domanda. Alcune banche centrali non svolgono
affatto bene questo lavoro, altre invece, come la BCE, lo svolgono con
efficacia .
Aggiustare l’offerta a un aumento della domanda non è un compito
banale, dato che è necessario anzitutto accorgersi che la domanda di
moneta cresce, il che accade quando, a parità di moneta in circolazione,
ci sono più beni e servizi da scambiare. La causa è un aumento della
produzione, dovuto a un aumento demografico o tecnologico (di
produttività): essendo i beni da scambiare in misura maggiore, nel loro
complesso perdono valore rispetto al mezzo di scambio, che quindi si
apprezza. Si potrebbe pensare che l’aumento relativo dei beni che
vengono scambiati rispetto allo stock di moneta circolante avvenga anche
a parità di produzione, qualora aumenti il risparmio (e quindi la
quantità di moneta esistente è la stessa, ma circola di meno). Tuttavia,
questo sarebbe vero solo se la maggior parte del risparmio avvenisse in
contanti. Quando il risparmio è sul conto corrente bancario, non
rappresenta altro che moneta rimessa in circolo (con effetto leva) dalla
banca. Dunque, per compensare l’aumento di produzione di beni e
servizi, la banca centrale abbassa i tassi di interesse nel mercato
interbancario, stimolando la creazione di moneta (in base al processo
descritto qui).
Quindi la banca centrale ha la soluzione per mantenere i prezzi
stabili, ovvero la politica monetaria, ma deve capire quando e in che
misura realizzarla. Per mantenere la stabilità dei prezzi, la
compensazione deve essere equilibrata, e il problema è proprio
comprendere quanto i prezzi siano aumentati (o diminuiti). Infatti
cambiamenti dei prezzi relativi dei beni sono del tutto connaturati al
mercato e l’aumento di prezzo di alcuni generi non significa che nel
complesso vi sia un apprezzamento dei beni rispetto alla disponibilità
di moneta. È quindi necessario individuare un indice di inflazione
misurato su un paniere di beni molto vario e inclusivo, e verificare se
il valore del paniere nel suo complesso, misurato in termini monetari,
sia maggiore o minore rispetto al periodo precedente. Se alcuni beni
aumentano di prezzo, ma altri calano, queste variazioni possono
compensarsi e il valore del paniere nel suo complesso non variare.
L’INGIUSTIZIA DI UN PANIERE SBAGLIATO
Un paniere
ideato nel modo sbagliato può portare a scelte di politica monetaria
altamente distorsive. Per esempio, il petrolio nell’indice HICP della
BCE pesa il 4% sul totale. Ora, ipotizziamo di vivere in una società in
cui il petrolio è un bene di scarso interesse e i cui volumi commerciali
sono piuttosto limitati, poiché vi sono molte fonti alternative di
energia, più economiche e pulite, che vengono utilizzate. In questo
caso, il peso attribuito al petrolio sarebbe eccessivo, e qualora il
petrolio si deprezzasse, risulterebbe in una diminuzione sproporzionata
del prezzo generale del paniere, che richiederebbe quindi un eccessivo
intervento di espansione monetaria da parte della BCE a compensazione.
Ma su che base è valutata un’espansione monetaria “eccessiva”, a chi può
nuocere? Ci sono due tipi di risposte a questa domanda, una tecnica,
l’altra legata a considerazioni di “giustizia sociale”.
Dal punto
di vista di giustizia sociale, bisogna sottolineare che la composizione
di un paniere, se influenza le decisioni di politica monetaria, può
avere effetti molto diversi sugli individui che, in base alle preferenze
di consumo, risentono in modo diverso di un’espansione o contrazione
dell’offerta di moneta. Poniamo che Bob l’eremita e predicatore viva di
solo pane e olio e non si interessi di altri tipi di beni, come
l’elettronica, i derivati del petrolio o gli immobili. Qualora
diminuissero i prezzi di tutti i beni, tranne che del pane e dell’olio,
si avrebbe un’espansione monetaria. Infatti se (quasi) tutti i beni si
deprezzano significa che c’è stato un incremento generale della
produzione e degli scambi rispetto all’offerta di moneta. In questo caso
la banca centrale richiede un aggiustamento mediante espansione
monetaria e di conseguenza, se prima 1€ comprava 1 baguette o 20cl di
olio, dato che è aumentata la quantità di € a parità di offerta di
baguette e olio (unici beni la cui offerta e il cui volume di scambi
sono rimasti invariati), ora 1€ varrà relativamente meno e ne comprerà
meno. I prezzi degli altri beni, come le case, il petrolio e gli
smartphone, saranno rimasti invariati, proprio perché l’espansione è
avvenuta al fine di mantenere l’euro come perfetta unità di conto fra
questi beni. Tuttavia gli euro che Bob possiede gli permetteranno di
acquistare meno baguette e olio rispetto a prima. Se per l’individuo
comune questo non rappresenta un problema, perché il suo potere
d’acquisto sul paniere di beni scelto è pressoché invariato, rappresenta
una grossa perdita di potere d’acquisto per Bob, che spende quasi tutto
in olio e pane. Ora, ipotizziamo di vivere in una società di tanti Bob,
dove pane e olio costituiscono gran parte dei consumi. In questa
società, vi è una cricca corrotta di banchieri centrali, che odiano pane
e olio, considerano il peso di questi beni come percentuali irrisorie
rispetto al valore totale del paniere. È chiaro che con un’espansione
monetaria fatta a tavolino i banchieri saranno avvantaggiati rispetto ai
tanti Bob amanti di pane e olio. È certamente vero che il paniere
scelto non potrà mai soddisfare tutti pienamente, ma deve cercare di
rispecchiare modelli di equità, ricalcando le abitudini di acquisto
della maggioranza della popolazione.
Da queste
considerazioni, è anche chiaro quale sia la risposta “tecnica”: un
indice “squilibrato” è meno efficace nello stabilizzare i prezzi, poiché
alcuni beni che hanno un peso troppo poco rilevante nel calcolo
complessivo dell’indice (o che addirittura non sono proprio presi in
considerazione dall’indice), rispetto a quelle che sono le abitudini di
consumo della popolazione, risulteranno più volatili (nel prezzo), di
quanto in realtà sia dovuto in base alla loro reale domanda e offerta.
Di conseguenza la moneta sarà ben rappresentativa, come unità di conto,
per un insieme di beni calcolati nell’indice, mentre altri risulteranno
più o meno costosi rispetto a quello che sarebbe il prezzo di equilibrio
fra domanda e offerta in “libero mercato”. Insomma, il prezzo non
rispecchierebbe il “valore” attribuito ai beni dagli individui mediante
le loro genuine preferenze.
Sorgono a
questo punto una serie di quesiti: quali beni inserire nel paniere?
Quanti e quali generi alimentari, materie prime o prodotti lavorati? In
caso di beni sostituti imperfetti (es. due tipi diversi di automobile)
quale tipologia considerare, e con che peso? E il prezzo degli immobili
in che modo va calcolato? Sugli affitti per metro quadro o sul prezzo di
vendita delle abitazioni di lusso, o una media ponderata di abitazioni
di vario tipo? C’è una vastissima letteratura sull’argomento, non
esisterà mai un indice perfetto e ci sarà sempre qualche distorsione, ma
è il prezzo da pagare se si vuole avere una moneta che sia il più
possibile un numerario aggiustandosi tramite espansioni o contrazioni
dettate da un ente centrale. Il paniere che utilizza la BCE per l’indice
HICP è questo.
Si tenga ben presente l’effetto redistributivo che può avere la scelta
di un paniere piuttosto che un altro, poiché rappresenta una delle due
principali argomentazioni contro la teoria di Hayek money di Ferdinando
Ametrano, che discuteremo a breve.
Quando la
banca centrale applica un’espansione monetaria, immette moneta che non
viene “distribuita” in modo uniforme a tutta la popolazione, ma a
determinati soggetti. Generalmente, chi chiede un prestito: quindi uno
stato nazionale (per via del debito pubblico), una banca sul mercato
interbancario, un intermediario finanziario che compie operazioni
speculative o un agente economico che prende a credito da una banca.
Inoltre, i tassi di interesse pagati alla Banca Centrale generano un
utile, distribuito alle banche nazionali, come la Banca d’Italia, e da
qui agli stati nazionali. Il denaro creato dà quindi maggiore potere
d’acquisto agli individui che operano in alcuni settori economici (o
alcune istituzioni) rispetto ad altri individui, comportando una
redistribuzione che non segue né modelli meritocratici né i meccanismi
di domanda e offerta di un mercato libero. Pensiamo a come sarebbe
diverso lo schema dei prezzi e la distribuzione della ricchezza nella
società se non ci fossero espansioni monetarie. Senza dubbio, vedremmo
meno sontuosi palazzi nel possesso di grandi banche e intermediari e
meno potere in mano agli stati nazionali, mentre aumenterebbe il valore
del lavoro e della produzione di quella fascia della popolazione che è
la più lontana dalla re-distribuzione della moneta, come i lavoratori di
materie prime quali agricoltori e operai. Per assurdo (e purtroppo), i
movimenti operai oggi tendono ad esprimersi in sindacati che mirano ad
accordi con lo Stato per spartirsi una fetta della torta, piuttosto che
battersi per un’alternativa al meccanismo della “torta”. Purtroppo non
ci sono più i rivoluzionari di una volta, e chi parteggia per i veri
ideali rivoluzionari (gli anarco-capitalisti) fanno spesso parte di
quella fetta di popolazione che ha una vita troppo agiata o che riesce a
destreggiarsi con fin troppa dimestichezza all’interno del sistema
attuale, per avere uno stimolo a battersi.
UNA CRIPTOMONETA PERFETTA?
Con il
Bitcoin, l’ideologia libertaria ha trovato un nuovo strumento con cui
combattere gli scompensi redistributivi della moneta fiat, ma per
vincere quella che è a tutti gli effetti una lotta politica, è
prevedibile che alcuni pensatori libertari anelino alla creazione di una
criptomoneta che funga anche da perfetta unità di conto. Quello che
Ferdinando Ametrano ha immaginato è l’ “Hayek money”, criptomoneta la
cui offerta si aggiusterebbe alla domanda, al fine di mantenere i prezzi
stabili. Fungerebbe quindi come unità di conto, ma al contrario
dell’espansione monetaria delle banche centrali, le nuove quantità di
“Hayek” vengono assegnate a tutti i portafogli esistenti, anziché essere
redistribuite a una fetta della popolazione. Se la domanda di moneta
aumenta del 10%, ogni wallet aumenterà la quantità di Hayek al suo
interno del 10%. Viceversa, in caso di contrazione della domanda, ognuno
perderà il 10%. Se l’Hayek dovesse essere la moneta più utilizzata,
vedrà un costante aumento della domanda dovuto all’aumento di produzione
e popolazione, di conseguenza ogni wallet aumenterà costantemente.
Insomma Ametrano vuole risolvere il problema della “tassa da
inflazione”, mediante espansioni o contrazioni monetarie che colpiscano
tutti in modo equanime.
In
un’accesa discussione intrapresa personalmente con Ametrano, il
professore mi sottolineava come l’Hayek potesse garantire, rispetto al
Bitcoin, non solo il fatto di essere un’unità di conto stabile, ma anche
un mezzo di dilazione dei pagamenti. Chi mai accetterebbe un salario
fisso in bitcoin, quando non c’è certezza del potere d’acquisto del
salario per via della volatilità? Se questa argomentazione può essere
sensata per quanto riguarda il Bitcoin, soffre di una contraddizione di
fondo: anche l’Hayek non funzionerebbe mai efficacemente come mezzo di
dilazione dei pagamenti, come è facilmente dimostrabile.
Assumiamo
che 1 hayek compri un paniere di 2 mele e 2 pere e che il potere
d’acquisto di 1 hayek debba rimanere fisso nel tempo. Se ho 100 hayek,
posso comprare 200 mele e 200 pere. Ora poniamo che Hayek sia domandato
al punto che, senza aggiustamenti dell’offerta, si apprezzerebbe del
100% (tanto da poter comprare 4 mele e 4 pere), ma la quantità in
circolazione aumenta al fine di mantenere il prezzo fisso, come
richiesto dal protocollo immaginato da Ametrano. Questo significa che
ogni portafoglio aumenta del 100% la quantità di hayek al suo interno.
Dato l’incremento nel mio wallet a 200 hayek, io potrò permettermi di
comprare 400 mele e 400 pere. Se, al contrario, la domanda di hayek si
riducesse al punto da deprezzarsi del 50% (1 hayek comprerebbe 1 mela e 1
pera), per mantenere la parità di 1 hayek = 2 mele e 2 pere, ogni
wallet sarebbe ridotto del 50% e io avrei solo 50 hayek, con cui
comprare 100 mele e 100 pere. Dunque in base alle fluttuazioni attese
della domanda di hayek, preferirò pagamenti anticipati o posticipati.
Infatti se la domanda di hayek calasse del 50% nel corso di gennaio, e
aumentasse del 50% nel corso di febbraio, qualora venissi pagato a
inizio gennaio 100 hayek, di questi a fine gennaio ne avrei solo 50 e a
fine febbraio 75. Se venissi pagato a inizio febbraio, a fine febbraio
ne avrei 150, ovvero il doppio. Insomma l’Hayek funziona come unità di
conto, ma non come dilazione dei pagamenti. Inoltre, se il Bitcoin è
oggi in una fase iniziale di alta volatilità del prezzo, l’Hayek
soffrirà di un’analoga fase di alta “volatilità” dei portafogli. Un
early adopter possiederà enormi quantità e vendendo grandi masse potrà
scatenare cali considerevoli della domanda, riducendo così le quantità
di hayek in ogni portafoglio.
Il secondo problema dell’Hayek è il metodo in cui viene rilevata una variazione della domanda.
Ametrano ipotizza che siano direttamente i miners a rilevare i
cambiamenti di prezzi sul mercato, così che l’indice dei prezzi sia
calcolato in modo decentralizzato e non suscettibile a interessi di
parte, magari guardando ai futures su commodity come materie prime nei
mercati di tutto il mondo. L’idea è interessante, anche perché favorisce
un mercato globale dove chiusure, protezionismo e interessi di classe,
geografici o nazionalistici non hanno posto. Prezzi determinati in modo
decentralizzato su scala globale garantiscono un’elevata trasparenza nel
rilevare le vere preferenze dei consumatori e le dinamiche della
produzione, che riflettano genuine variazioni della domanda e offerta.
Questo costituirebbe, insieme ad internet e l’e-commerce, un motore
globalizzante, vero perno di quel gioco a somma positiva che è la
specializzazione nel modello di Ricardo dei vantaggi comparati.
Tuttavia,
affinché il sistema funzioni, i miners non devono poter manipolare
l’offerta a loro piacimento. Ametrano teorizza che solo alcuni debbano
beneficiare di una ricompensa alla scoperta di ogni blocco, venendo
esclusi quelli che hanno fornito osservazioni dei prezzi più distanti
dalla media. Si potrebbe opinare che questo metodo non reggerà comunque
di fronte a un possibile cartello di miners dotati di notevole potenza
di calcolo, ma in ogni caso, se anche funzionasse bene come metodo per
la determinazione di prezzi, non risolverebbe quello che è il problema
dell’ideazione del paniere in sé, ovvero la scelta dei beni e servizi da
includere, dei pesi e delle misure che lo determinano. Come abbiamo
visto infatti, la determinazione del paniere stesso può avere effetti
redistributivi sulla popolazione. I miners potrebbero avere preferenze
particolarmente omogenee fra loro, possibili sia per via di una
particolare concentrazione geografica o affiliazioni ideologiche, ma
soprattutto per interessi economici, come ad esempio quello di tenere
bassi costi per l’energia elettrica. Insomma non sono i miners i
soggetti più adeguati a comporre e valutare il paniere, per via di
possibili conflitti di interesse. Inoltre la formulazione di un paniere è
un lavoro sofisticato che sembrerebbe più adatto ad agenzie
specializzate, possibilmente in concorrenza fra loro, che siano
indipendenti dai meccanismi e dai costi di erogazione della moneta, per
quanto una totale indipendenza è sempre difficilmente realizzabile, per
via di interessi e pressioni politiche connaturate in ogni sistema.
Ci si è
limitati qui a giudicare quella che Ametrano chiama Hayek money
esclusivamente in relazione alle sue caratteristiche economiche e non
sulla fattibilità tecnica dell’Hayek money, a livello di programmazione e
sviluppo informatico, che può essere altrettanto – o ancor più –
problematica.
LA MONETA DEL FUTURO: UN SISTEMA A DUE MISURE E DUE VELOCITÀ
Se il
Bitcoin fosse l’unica moneta al mondo, il problema della volatilità
probabilmente non si porrebbe. La crescita della domanda mondiale del
mezzo di scambio rispecchierebbe all’incirca quella della produzione, e
il tasso di apprezzamento atteso dagli agenti economici non si
discosterà molto da quello effettivo. Sarà quindi possibile determinare
un tasso di interesse, calcolato sull’apprezzamento medio del Bitcoin
più la remunerazione sul prestito. Se il Bitcoin si apprezzasse dell’1%
annuo (quindi tenere in riserva bitcoin generasse un interesse dell’1%
annui) il tasso da calcolare su un prestito su base annuale dovrebbe
essere semplicemente maggiorato dell’1%. Non c’è particolare evidenza
del fatto che un regime monetario deflazionistico sia economicamente
inefficiente perché disincentiva l’investimento. Investire moneta
costerà di più e il rischio di perdita sarà maggiore, quindi gli
investimenti saranno più oculati, i finanziamenti e pagamenti rateali
più costosi. Incentivare investimento e consumo e disincentivare il
risparmio è efficiente secondo la teoria Keynesiana, che si basa però
sull’ “animal spirit” (di cui scrivo qui):
è propulsivo per l’economia nel breve termine (ma con effetti
distorsivi e redistributivi), mentre nel medio-lungo periodo dà vita
alle fasi cicliche di “boom and bust”, con conseguente crisi o
stagnazione. È inutile comunque tergiversare sul tema controverso
dell’inefficienza di un sistema monetario puramente deflazionistico,
dato che il problema con tutta probabilità non si porrà mai, poiché il
Bitcoin non sarà mai l’unica moneta al mondo, nemmeno in un mondo di
sole criptomonete. Lo scenario cui andiamo incontro, probabilmente per
ancora molti anni o decenni, è un progressivo aumento dell’adozione di
criptomonete, mentre l’adozione della moneta fiat, almeno in alcune
regioni del mondo, rimarrà stabile. Oggi a tutti gli effetti, quando si
utilizzano bitcoin per l’acquisto di un bene, si fa quasi sempre
riferimento alla moneta fiat come unità di conto. Chiunque faccia uso di
bitcoin è già abituato a questo sistema. Questo accade non solo con il
bitcoin, ma in generale quando si fanno acquisti internazionali: in Cina
compro in Yuan, ma sempre guardando al cambio Euro-Yuan, poiché la mia
unità di misura di riferimento rimane l’Euro.
Personalmente
credo che la moneta di scambio del futuro possa essere diversa
dall’unità di conto. Ci sarà un mezzo di scambio, come il Bitcoin, e
un’unità di conto di riferimento. Le monete fiat, come l’Euro, per un
certo periodo rimarranno unità di conto. Queste però hanno un valore
stabilito grazie a indagini svolte da enti come l’ISTAT, sulle cui
misurazioni delle oscillazioni dei prezzi le banche centrali, almeno
nella teoria, dovrebbero basare le proprie politiche monetarie,
aggiustando il valore della moneta. Nel caso scomparissero vi è
necessità di un’unità di conto alternativa per misurare il paniere.
Sappiamo però che le criptomonete, salvo proposte come l’Hayek money,
non hanno un regolatore centrale che possa scegliere un paniere e
determinarne l’espansione dell’offerta. La soluzione è che la nuova
unità di conto sia definita da agenzie indipendenti, calcolando le
variazioni dei prezzi relativi dei beni del paniere, misurato in diverse
criptovalute in cui i beni del paniere vengono scambiati.
Ogni
criptomoneta ha una diversa velocità di espansione dell’offerta.
L’offerta del Bitcoin è deflazionaria poiché ogni 4 anni si dimezza fino
ad azzerarsi. Poniamo che sui mercati si diffondano varie criptomonete
con diverse caratteristiche, alcune inflazionarie e altre deflazionarie.
Possiamo immaginare che alcune non avranno un tetto massimo
raggiungibile, altre, magari, avranno un protocollo che prevede
un’espansione monetaria continua dell’1% – ipotizziamo – rispetto alla
quantità in circolazione. Altre ancora potrebbero espandere (o
contrarre) automaticamente l’offerta di una certa percentuale, calcolata
sulle variazioni di una variabile che rappresenti tutta la potenza di
calcolo impegnata dai miners nel suo complesso. Potrebbero anche
diffondersi criptomonete con protocolli molto più semplici rispetto alla
proposta di Ametrano, eppure altrettanto interessanti, ad esempio
monete che abbiano un’espansione (o contrazione) dell’offerta in
percentuale fissa rispetto alla crescita (o decrescita) del numero di
transazioni totali in un periodo. Se empiricamente si rilevasse infatti
che la domanda della moneta riflette sempre una crescita delle
transazioni in quella moneta, e che questo pattern ha caratteristiche
costanti nel tempo (ad esempio: l’1% della crescita della domanda è
generalmente riflessa da un 3% della crescita del numero di transazioni)
allora una critpomoneta di questo tipo potrebbe davvero avvicinarsi ad
essere una buona unità di conto.
Assumendo
dunque un mondo dove proliferano criptomonete “a velocità diversa” e
dove queste iniziano ad essere scambiate con beni e servizi per volumi
considerevoli, avremo la possibilità di calcolare e distinguere fra loro
due fenomeni:
– l’oscillazione dei prezzi relativi
– un aumento o diminuzione generale dei prezzi dei beni e servizi (per espansione o contrazione della produzione). Insomma un apprezzamento o deprezzamento generale del paniere.
– un aumento o diminuzione generale dei prezzi dei beni e servizi (per espansione o contrazione della produzione). Insomma un apprezzamento o deprezzamento generale del paniere.
È chiaro
che al fine di calcolare i due fenomeni, è bene saperli distinguere,
cosa non semplice essendo correlati fra loro. Una volta calcolato
l’aumento (diminuzione) dei prezzi generali, potremo finalmente
calcolare quanto l’unità di conto che dobbiamo tenere come riferimento
debba espandere (contrarre) l’offerta immaginaria di moneta al fine di
mantenere stabili i prezzi. Dato che in astratto questi concetti non
sono particolarmente intuitivi, procediamo esemplificando.
Poniamo
che sul pianeta terra esistano solo due beni, le mucche e le pellicce di
castoro, e due criptomonete, una inflazionaria e l’altra deflazionaria.
I prezzi in tabella esprimono il valore (prezzo) di un bene espresso in
un dato contesto (mercato), ovvero negli scambi che avvengono con una
criptovaluta, quella inflazionaria nella prima riga, deflazionaria nella
seconda riga. Per estrema semplicità, si mostra in tabella uno scenario
in cui i prezzi relativi dei beni non variano mai, né nel tempo né nel
contesto, poiché 1 pelliccia vale sempre 2 mucche (se la pelliccia costa
2, la mucca costa 1).
Scenario 1
PREZZO 2017 | PREZZO 2018 | |||
Mucca | Pelliccia | Mucca | Pelliccia | |
Crypto Inflazionaria (crescita offerta 50%) | 1 | 2 | 1,5 | 3 |
Crypto Deflazionaria (crescita offerta 0%) | 1 | 2 | 1 | 2 |
Nello
scenario presentato in tabella, è chiaro che non c’è aumento della
produzione nel tempo né maggiore domanda di moneta (di alcun tipo di
moneta). Infatti il prezzo di un bene espresso in una valuta varia del
50% solo perché è l’offerta di quella valuta a variare come richiesto
dal protocollo. Ora assumiamo uno scenario diverso:
Scenario 2
PREZZO 2017 | PREZZO 2018 | |||
Mucca | Pelliccia | Mucca | Pelliccia | |
Crypto Inflazionaria (crescita offerta 50%) | 1 | 2 | 1 | 2 |
Crypto Deflazionaria (crescita offerta 0%) | 1 | 2 | 0,5 | 1 |
In questo
caso, è chiaro che la produzione di tutti i beni è aumentata del 50%,
infatti i prezzi nella moneta inflazionaria sono gli stessi del 2017,
ovvero l’aumento nell’offerta di moneta si è compensato con l’aumento
della produzione, mentre i prezzi nella moneta deflazionaria sono
diminuiti del 50%.
Nel primo
scenario visto, la moneta deflazionaria costituisce una buona unità di
conto, nel secondo scenario, lo è la moneta inflazionaria. Ragioniamo ora su uno scenario leggermente diverso:
Scenario 3
PREZZO 2017 | PREZZO 2018 | |||
Mucca | Pelliccia | Mucca | Pelliccia | |
Crypto Inflazionaria (crescita offerta 50%) | 1 | 2 | 1,25 | 2,5 |
Crypto Deflazionaria (crescita offerta 0%) | 1 | 2 | 0,75 | 1,5 |
Possiamo
assumere che in questo caso la produzione sia aumentata del 25%. Nel
caso della moneta inflazionaria infatti la crescita dell’offerta di
moneta supera quella della produzione, deprezzando la moneta rispetto a
mucche e pellicce (che costano il 25% di più). La moneta deflazionaria
invece si apprezza del 25%.
Nella
realtà il calcolo ovviamente è molto più complicato, dal momento che si
avranno differenze di prezzi relativi nel tempo in uno stesso contesto, e
anche nello stesso momento in contesti (monete) diversi. Tuttavia
soppesando le variazioni relative di tutti i beni nel loro insieme è
possibile comunque calcolare l’aumento della produzione. Il sistema si
regge sul fatto che i protocolli delle criptomonete sono conosciuti e
quindi la variazione dell’offerta di moneta è sempre una variabile nota
nella nostra equazione. A voler ben vedere, nella realtà anche questa
ipotesi non è perfetta. Se infatti oggi alcuni early adopters mettessero
in commercio grandi quantità di bitcoin finora tenuti in cassaforte,
l’offerta crescerebbe a dismisura nonostante in base al protocollo
l’offerta dovrebbe rimanere stabile. Si può pensare che in questi casi
(che dovrebbero essere l’eccezione, in un mercato di criptomonete
maturo), l’agenzia che si occupa di rilevazioni dei prezzi possa
correggere i dati sulla base del numero e della consistenza delle
transazioni che, almeno in blockchain come il Bitcoin, dovrebbero essere
anch’esse pubbliche. Fatte le opportune rilevazioni, è sufficiente dare
un nome a quella sorta di moneta immaginaria che useremo solo come
unità di conto (chiamiamola GPI, Global Price Index) e darle un valore
iniziale puramente convenzionale, ad esempio 1 GPI corrisponde al prezzo
di 1 caffè. Quando si rileva, tramite il sistema appena descritto, una
variazione percentuale della produzione, si aumenta “l’offerta” di GPI
di quella percentuale.
Nella
pratica, i pagamenti funzioneranno nel modo seguente: se gli agenti
economici riterranno utile avere un’unità di misura come il GPI, chi
venderà un bene o un servizio presenterà il prezzo in GPI, mentre
l’acquirente visualizzerà in automatico con la propria app (o altri
strumenti) il suo esborso effettivo nella criptomoneta con cui intende
pagare. Può essere che in questo contesto, monete che si avvicinino di
più come valore al GPI, o che comunque seguano pattern stabili nella
variazione di valore rispetto al GPI, godano di maggiori simpatie e
vengano utilizzate maggiormente.
Ovviamente,
non può esistere il sistema perfetto, poiché le agenzie possono
rilevare male il prezzo, scegliere un paniere sbagliato o mal pesato, o
perseguire interessi di parte. È importante però capire che saranno gli
individui a scegliere liberamente di utilizzare una unità di conto
piuttosto che l’altra, e se un venditore esprimerà i propri prezzi in
GPI, chiunque sarà libero di dissentire contrattando un altro prezzo. Se
poi il venditore deciderà che il GPI non è una buona unità di misura,
sarà sempre libero di esprimere il prezzo della propria merce sulla base
di un’unità di misura alternativa, calcolata da un’agenzia di
rilevazione dei prezzi concorrente o nella quantità di criptomoneta
effettivamente utilizzata per il pagamento.
È normale
chiedersi quali potrebbero essere gli enti che svolgeranno la funzione
di agenzia di rilevazione dei prezzi, per cercare di capire quali
interessi potrebbero tendere a perseguire. Può essere che alcune
comunità finanzino un’agenzia dei prezzi che sia loro di riferimento,
con lo scopo di agevolare la trasparenza degli scambi interni, oppure,
qualche exchange o operatore economico vorrà svolgere gratuitamente il
lavoro di agenzia, per avere maggior prestigio e pubblicità.BITCOIN ! ARTICOLO DA STAMPARE E IMPARARE A MEMORIA
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4 commenti:
In realtà l'articolo doveva finire nelle prime 10 righe, se non dicesse una castroneria che vanifica tutto il resto del discorso, infatti il bitcoin come qualsiasi altra valuta non a corso forzoso non soddisfa affatto il primo criterio (mezzo di scambio). Quante cose posso Comprare con bitcoin? E chi mi assicura che domani potrò comprare qualcosa con i bitcoin che ho oggi in portafoglio?
... Ma questi segnali su criptovalute quando partono?
A quanto pare qui abbiamo qualcuno che ancora compra su Amazon pagando in moneta fiat anziché in bitcoin (tramite purse.io)? Ehehe poveretti, quando scopriranno tutti i soldi che potevano risparmiare si mangeranno le mani. Comunque l'articolo originale (Paolo me lo ha soffiato) è qui:
http://www.albertodeluigi.com/2017/02/06/bitcoin-volatilita-futuro-della-moneta/
Secondo me sta sfuggendo qualcosa...sarà anche vero che la popolazione continuerà ad aumentare. Ma quella dei poveri. E credo che sull'utilizzo del bitcoin influenzerà poco. Poi per carità...cose positive ne ha. Ma credere che si apprezzerà a valori di cui si parla, sia vera utopia...
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