TASSA DI SUCCESSIONE E LA FREGATURA DELLE POLIZZE VITA
E' DA ANNI CHE VE NE PARLO DELLA ASSOLUTA INUTILITA' DAL PUNTO DI VISTA FISCALE DI UNA POLIZZA VITA .....ANZI..I CARICAMENTI DI UNA POLIZZA ITALIANA SONO SPESSO FEROCI ...UN VERO FURTO.
OGGI OSPITO L'ARTICOLO DI PAOLO CARDENA' CHE RIPRENDE CONCETTI A VOI LETTORI DI MERCATO LIBERO PIU' CHE NOTI...MA RIPETERE A VOLTE GIOVA...
POLIZZE SULLA VITA E UNIT LINKED: IN ARRIVO LA MANO (PESANTE) DEL FISCO? di Paolo Cardena'
Qualche settimana fa, mi sono imbattuto con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n 76/E del 16/09/2016 , nella quale viene chiarita la modalità di tassazione dei capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita. La circolare in esame, mi permette di ....
OGGI OSPITO L'ARTICOLO DI PAOLO CARDENA' CHE RIPRENDE CONCETTI A VOI LETTORI DI MERCATO LIBERO PIU' CHE NOTI...MA RIPETERE A VOLTE GIOVA...
POLIZZE SULLA VITA E UNIT LINKED: IN ARRIVO LA MANO (PESANTE) DEL FISCO? di Paolo Cardena'
Qualche settimana fa, mi sono imbattuto con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n 76/E del 16/09/2016 , nella quale viene chiarita la modalità di tassazione dei capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita. La circolare in esame, mi permette di ....
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parlare di un tema assai attuale che è quello del possibile
inasprimento dell’imposta di successione, che altro non è che uno dei cinque rischicapitali (che nel frattempo sono diventati SEI) che ci sta accompagnando in questo percorso divulgativo, e lo farò cercando di valutare alcuni
possibili riflessi in capo alle polizze vita, comunemente utilizzate per il
trasferimento di patrimoni in esenzione di imposta di successione.
Come noto, l’Italia
gode di regime particolarmente agevolato nel trasferimento delle ricchezze a
seguito di successione mortis causa,
ma anche nell’ambito delle donazioni. Si tratta di un regime agevolato che non
ha uguali nel contesto europeo e che identifica l’Italia come un vero e proprio
“paradiso fiscale” per questi istituti (successione e donazione). Per verificare
il privilegio di cui gode l’Italia, è possibile consultare la seguente tabella, dove
vengono raffrontati i diversi regimi di tassazione esistenti in altri paesi
europei.
La crisi economica in
cui è precipitata l’Italia negli ultimi 7 anni, ha accentuato la fragilità delle finanze
pubbliche, in un contesto –quello italiano – di persistente debolezza della crescita
che non aiuta a migliorare la qualità dei conti pubblici. Come ho avuto modo di
scrivere in un precedente articolo dopo la crisi del
2009 tutte le maggiori economie mondiali hanno conosciuto robusti tassi di
crescita che, nel giro di pochi anni, hanno
consentito di superare la crisi iniziata nel 2008. Possiamo discutere sulla
qualità della ripresa economica, ma non sul fatto che queste economie siano
cresciute, trainando, grazie all’export,
anche il nostro Paese. Discorso diverso, invece, riguarda l’Italia. Dopo
una breve ripresa nel 2010 e parte del 2011, il nostro Paese ha conosciuto
altre 3 anni di grave recessione che ha deteriorato i saldi delle finanze
statali, con il debito pubblico che giunto al 133% del Pil. La congiuntura
globale sta conoscendo una fase di rallentamento, peraltro confermata dalle
frequenti rivisitazioni al ribasso da parte delle principali istituzioni
finanziarie, e non si può escludere che tra qualche semestre si possa assistere
ad una nuova recessione. Una contrazione economica che troverebbe l’Italia in
una condizione fragilità, ancora alle prese con i postumi derivanti da 7 lunghi
anni di crisi, che hanno accentuato la vulnerabilità della nostra economia e
dei saldi di finanza pubblica. Quanto appena affermato trova ampio conforto
proprio negli ultimi deboli dati relativi alla crescita del Pil italiano che,
nonostante fattori esterni estremamente favorevoli (bassi tassi di interesse,
basso prezzo del petrolio, manovre espansive della Bce ed euro debole), non riesce ad ottenere
performance apprezzabili idonee a migliorare i conti pubblici.
Prova ne è la ritualità con la quale il Governo è costretto a chiedere alla Ue
maggiori spazi fiscali, al fine disinnescare (rinviare) le clausole di
salvaguardia, troppo incautamente poste a presidio dei saldi di finanza
pubblica.
In un contesto del
genere, date le crescenti necessità di cassa da parte dello Stato italiano,
considerato che non esistono ulteriori spazi per estrarre gettiti fiscali da
altre componenti del tessuto economico (l’aumento dell’Iva avrebbe effetti
recessivi, il lavoro è già ampiamente tassato, stessa cosa vale per le imprese,
mentre gli immobili sono gravati dall’Imu), il sospetto –purtroppo fondato- è
che l’attenzione del fisco possa concentrarsi sulla ricchezza degli italiani e sui
patrimoni.
Già in passato, con l’introduzione dell’imposta di bollo sui
risparmi e l’inasprimento della fiscalità su quelle che vengono impropriamente
definite “rendite finanziarie”, abbiamo avuto prova della scarsa sensibilità,
da parte del Governo, verso i risparmi degli italiani che, durante questo lungo
periodo di crisi, hanno anche assolto al compito di ammortizzatore sociale.
Quindi, il rischio è
quello che lo Stato possa in qualche modo colpire le ricchezze degli italiani
con un’imposta patrimoniale (ne ho parlato QUI e anche altrove) o
attraverso l’inasprimento dell’imposta sulle successioni; anche perché, a parer
di chi scrive, per ovvie ragioni, quest’ultima sarebbe politicamente più sostenibile
rispetto a un’imposta patrimoniale. D’altra parte, il timore è assai fondato se
si pensa alle modalità con le quali avvenne l’inasprimento della tassazione
sulle rendite finanziarie. Il Governo, in quella occasione, per rendere
l’intervento più “accettabile” agli occhi dell’opinione pubblica, veicolò il
messaggio secondo il quale l’aumento della tassazione, allineando il prelievo
fiscale ai livelli degli altri paesi europei, avrebbe risposto a criteri di maggiore equità. Dato il regime
particolarmente agevolato di cui gode il trasferimento di patrimoni in ambito
successorio rispetto agli altri paesi europei, potete ben comprender quanto
siano fondati i timori dell’inasprimento dell’imposta di successione.
Tant’è che già all’inizio del 2015, è stata
formalizzata una proposta di legge che prevede l’abbassamento delle franchigie
e l’aumento delle aliquote. In particolare, la proposta (consultabile al
seguente indirizzo http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=17PDL0028740)
prevede che i trasferimenti di ricchezza mortis
causa o per donazione, siano tassati secondo lo schema di seguito riportato:
- · a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 500.000 euro: 7 per cento;
- · a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 8 per cento;
- · a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 10 per cento;
- · a favore di altri soggetti: 15 per cento.
Inoltre, per i trasferimenti eccedenti la soglia di 5 milioni di euro sono previste
delle aliquote triplicate per ciascuna delle fattispecie di cui ai precedenti
punti.
Da precisare che la
proposta di legge comprende nell'asse attivo ereditario anche i “titoli del debito pubblico, tra i quali si
intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del
tesoro, tutti gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati
nonché ogni altro bene o diritto”: si
tratta di titoli che, a normativa vigente, godono dell’esenzione totale dall’imposta
di successione.
Come sapete, i
beneficiari delle assicurazioni sulla vita acquisiscono, ai sensi dell’Art.1920
codice civile, un diritto proprio e i
capitali derivanti da polizze sulla vita sfuggono dal perimetro di definizione
di asse ereditario. Infatti, l’Art. 12 del Decreto Legislativo n.346 del 31/10/1990 stabilisce che “non
concorrono a formare l’attivo ereditario le indennità di cui agli articoli 1751, ultimo comma, e 2122 del codice
civile e le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di
assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto”.
E’ bene chiarire che la proposta di legge che si
propone di riformare l’imposizione successoria, allo stato attuale, non fa
menzione delle polizze vita che, pertanto, a legislazione vigente continuano a
mantenere i privilegi di esenzione di
cui abbiamo detto.
Tuttavia, è bene chiarire che da parte del Governo e
del fisco, esiste un’intenzione abbastanza palese finalizzata a riqualificare talune
tipologie di polizze. A sostegno di quanto appena affermato, ci soccorre
proprio la Risoluzione 76/E del 2016 di cui ho detto in apertura e che ha
stimolato il ragionamento proposto con questo mio contributo. La Risoluzione in
parola, chiarisce le modalità di
tassazione dei capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti
di assicurazione sulla vita. In buona sostanza, si tratta di una risoluzione
esplicativa delle Circolare n. 8 del 2016, con la quale l’Agenzia delle Entrate
era intervenuta per chiarire le modalità di calcolo da seguire per
individuare la componente del capitale erogato relativo al rischio demografico
rispetto a quella relativa al contenuto finanziario.
Ma andiamo con ordine.
Il trattamento fiscale (ai fini Irpef) dei capitali
percepiti dai beneficiari di polizze assicurative sulla vita in caso di decesso
dell’assicurato è stato oggetto di importanti modifiche con la Legge di
Stabilità 2015. A seguito di tali modifiche, l’esenzione in precedenza prevista
per l’intero capitale corrisposto in caso di decesso dell’assicurato, è stata
limitata alla sola quota dei capitali erogati a copertura del rischio
demografico.
Di conseguenza, mentre per le
polizze “puro rischio” l’intero capitale erogato in caso di decesso continua in
ogni caso a godere dell’esenzione dalla tassazione, alcuni dubbi sono sorti
circa la modalità di individuazione della porzione esente e della porzione che
a seguito delle modifiche diviene soggetta a IRPEF nelle polizze c.d. miste, e
cioè quelle polizze i cui premi sono in parte finalizzati alla copertura del
rischio demografico, ed in parte destinati ad investimento finanziario.
Per tali polizze sarà infatti
necessario distinguere il capitale erogato a copertura del rischio demografico
(che continua a rimanere esente), dalla componente di rendimento finanziario
dell’investimento sottostante alla polizza (che a seguito della modifica
normativa diventa soggetta ad IRPEF). Pur omettendo gli aspetti tecnici
precisati dall’Agenzia delle Entrate ai fini della distinzione del capitale
erogato a copertura rischio demografico e di quello derivante dalla componente
finanziaria, in queste sede preme soprattutto evidenziare l’orientamento del
Governo (e del fisco) finalizzato a “riqualificare” lo status di alcuni tipi di
polizze al fine di estrarre maggiore materia imponibile.
Se
questo orientamento dovesse essere confermato o peggio accentuato da esigenze
di cassa da parte del governo, non mi sentirei di escludere il rischio che i
privilegi di cui godono le assicurazioni
sulla vita possano rimanere indenni da un eventuale inasprimento delle imposte
di successione, dato che, negli ultimi anni, taluni tipi di prodotti hanno
raccolto l’attenzione di un numero elevato di risparmiatori che hanno
concentrato a favore di queste assicurazioni ingenti capitali e quindi, per lo
Stato, attraente e potenziale materia imponibile.
Essendo
queste delle entrate strutturali (cioè proprio quelle la cui carenza è
stata posta in risalto dalla Ue nella valutazione del progetto della
legge di bilancio per il 2016), un giro di vite sulla materia
successoria sarebbe vista di buon occhio anche da parte della stessa Ue.
Se
il governo dovesse davvero riformare la fiscalità successoria, le sorti
delle polizze sulla vita (es: Unit Linked) dipenderanno,
essenzialmente, da due fattori:
- Le esigenze di cassa da parte del Governo (che appaiono alte)
- Dalla forza della lobby delle assicurazioni.
TASSA DI SUCCESSIONE E LA FREGATURA DELLE POLIZZE VITA
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2 commenti:
Grazie per la condivisione et complimenti per il blog!
Ritorno sul'argomento in quanto definire "fregatura" le polizze vita, ramo I e ramo III,mi sembra alquanto un eufemismo considerando quanta spazzatura propongono le banche soprattutto quelle commerciali. Ora,stando alla normativa vigente,i vantaggi ci sono se non altro per le ramo III che consentono la compensazione fiscale,per le ramo I rendimenti costanti anche se in calo ma senza oscillazioni. I costi possono essere un problema ma sono scontabili. Per quanto alla successione e donazione per ora sono avvantaggiate, se dovesse cambiare penso che si agirà su qualunque fronte anche su titoli di stato. Il vantaggio maggiore però riguarda la certezza del prezzo al verificarsi della morte per le ramo I e protezione parziale sulle minusvalenze nelle ramo III;questo aspetto non è presente in nessuno strumento finanziario.In quanto all'autore dell'articolo vale la pena ricordare che lavora per una banca e che fino a quando le poteva sottoscrivere non si è fatto problemi...ora che non sono più disponibili,le ramoI,rispetto ai competitors se ne fa un gran parlare.
Non sono certo un fautore delle polizze....ma tanto dovevo per correttezza di informazione. Sempre disponibile a confronto....un Saluto.
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