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ISTAT AMMETTE : PIL 2015 A +0,6% E NON +0,8%

Dopo quattro giorni di polemiche via Twitter con alcuni economisti “gufi”, l’Istat ammette: nel 2015 il pil corretto per gli effetti di calendario, cioè tenendo conto che i giorni lavorativi sono stati tre in più rispetto al 2014, è aumentato dello 0,6%. Il dato destagionalizzato, peraltro identico a quello preliminare diffuso il 12 febbraio, è nero su bianco nel comunicato sui conti economici trimestrali diffuso venerdì, che conferma il “progressivo indebolimento” della crescita congiunturale: nel primo trimestre dello scorso anno il prodotto è cresciuto dello 0,4%, nel secondo dello 0,3%, nel terzo dello 0,2%, nel quarto solo dello 0,1%. Lo 0,8% comunicato martedì, che è il numero rivendicato fin dallo scorso dicembre dal premier Matteo Renzi (il governo nell’aggiornamento del Def aveva invece previsto un +0,9%), è invece un dato grezzo, non depurato per i giorni lavorati.
 






“Per arrivare a quel +0,8%”,  “è stato fatto un gioco delle tre carte, facendo leva sul fatto che lo scorso anno ha avuto tre giornate lavorative in più rispetto al 2014. In più bisogna tener conto che per poter comunicare un “+0,8%” basta arrivare a 0,751, visto che l’arrotondamento viene fatto alla terza cifra decimale”. In effetti l’Istat ha fatto sapere che lo scostamento tra il dato grezzo e quello destagionalizzato è pari a 0,12 punti percentuali: “+0,759% contro 0,642%”.
Ma, a parte gli zero virgola, quel che davvero conta è la composizione del nostro prodotto,  “Per lo 0,5% si tratta di un aumento delle scorte. Ed è verosimile che sia legato soprattutto alla ripresa delle attività di Fiat in Italia. Ci sono analisti che stimano che la sola casa automobilistica abbia generato fino allo 0,3% della crescita. Ora però c’è un evidente rallentamento dell’economia globale, che si tradurrà in un calo dell’export. Con inevitabili conseguenze sulla Penisola”. Dove nel frattempo “gli investimenti restano stagnanti”. D’accordo l’economista Francesco Daveri, che fa notare: “Via Twitter mi hanno bacchettato, ma i numeri erano strani e andavano spiegati. Ora leggiamo che il risultato è quello che continuavo a ottenere io analizzando le cifre trimestrali diffuse dalla stessa Istat: +0,6%. Comunque il vero dato è che la crescita si sta fermando: vendite e produzione industriale ristagnano. I consumi non ripartono perché le tasse sono scese troppo poco e le famiglie non percepiscono un aumento consistente del reddito disponibile. In questo quadro, raggiungere nel 2016 il +1,6% previsto dall’esecutivo mi sembra davvero difficile. Il governo dovrà adeguare le sue previsioni sulle entrate fiscali al nuovo scenario o fare qualcosa in più per rilanciare la crescita. Servono investimenti veri, non incrementi delle scorte”. Quanto all’impatto degli stabilimenti Fiat Chrysler, “è stato forte sul fronte dell’accumulazione di scorte nel primo trimestre 2015, ma poi c’è stato un rallentamento”.

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